da Film Tv (Fabrizio Liberti) |
A distanza di un decennio dalla riscoperta (americana), merito di Martin Scorsese e Francis Ford Coppola, proprio come un vecchio fossile riportato alla luce, Soy Cuba riesce ad arrivare sugli schermi italiani ed è davvero curioso come certa critica, sempre pronta alle rivalutazioni postume, lo abbia dimenticato per tutto questo tempo. Soy Cuba merita davvero una visione attenta e partecipe da parte degli amanti del cinema. Se le quattro storie che si svolgono nella Cuba prerivoluzionaria del 1958 dominata dal corrotto dittatore Batista possono sembrare, alla luce del tempo che ci separa da esse, grondanti retorica e dalla semplicità quasi naìve, ben diverso è il giudizio sulla potenza della visione, a mezza via tra Welles e Ejzenstejn, che il regista Mikhail Kalatozov ha saputo imprimere alla sceneggiatura, a cui collaborò anche Evgenij Evtushenko. Lo stile grandioso è esaltato dal grandangolo che regala scorci meravigliosi di una natura straordinaria e pagine di una dignitosa povertà scritta senza parole nelle rughe dei volti di ogni cubano; realtà solo apparentemente lontane ma che senza contraddizione appartengono all’essenza di Cuba e del suo popolo. Poi c’è lo straordinario e naturale uso del piano-sequenza, che nell’occasione dei funerali dello studente rivoluzionario Enrique, regala quasi tre minuti di emozioni sconvolgenti e che fa impallidire anche il più ardito tecnicismo di De Palma. |
da La Repubblica (Paolo D'agostini) |
La giovane rivoluzione cubana minacciata dal tentativo di sbarco Usa del ‘61 si era appena alleata con, l’URSS. Sbarcò sull’isola il famoso regista Mikhail Kalatozov, celeberrimo per il simbolo del “disgel” Quando volano le cicogne. Accompagnato dal poeta Evtushenko e in collaborazione con il neonato Istituto del cinema cubano realizzò uno smisurato poema epico dalle ambizioni grandiose: propagandare la superiore civiltà rivoluzionaria da opporre agli avversari della guerra fredda, raccontando il passaggio dal regime di Batista alla liberazione di Fidel. Ma il film è tutt’altro che didascalico e realsocialista: virtuosistiche soluzioni di ripresa e illuminazione provano un formalismo esasperato che riecheggia la grande scuola sovietica e richiama l’audacia di Welles. Scontentò tutti e sparì subito. I russi avevano dato prova di un ingenuo insieme di “imperialismo” e generosità. Avevano tentato, pieni di slancio, di capire Cuba senza riuscirci. L’avevano idealizzata, stretta in una gabbia retorica infedele al suo vero carattere. Dopo trent’anni di oblio Soy Cuba è stato scoperto da Coppola e Scorsese («se lo avessi visto all’inizio della mia carriera sarei diventato un regista diverso») e da lì è rinata la sua leggenda, ora sui nostri schermi accompagnata da un documentario del brasiliano Vicente Ferraz. Uno degli intervistati, il fondatore del cinema cubano Alfredo Guevara, dice però: «tutta questa fama ci sarebbe stata d’aiuto allora, oggi è solo archeologia». |
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TORRESINO
ottobre-dicembre 2005
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