Silent Souls,
del russo Aleksei Federcenko, riesce nell'intento di coniugare
dimensione narrativa e sguardo antropologico, accuratezza etnografica
e eleganza formale. Ben lo testimoniano i premi ricevuti a Venezia
2010, il
Mouse d'Oro della critica on
line
per il miglior film in concorso e l'Osella
per la fotografia
a Mikhail Krichman.
Il film racconta il viaggio di due uomini verso un rito funebre. I due
appartengono al popolo dei Merya, un'antica etnia del ceppo
ungro-finnico, stanziatasi da secoli in territorio russo, conservando
propri valori e propri riti. Quando l'amata moglie muore, Miron chiede
dunque aiuto ad Aist, cultore di queste morenti tradizioni all'interno
della comunità, perché il rito sia celebrato in modo degno: il corpo
della defunta va accompagnato nel suo ultimo viaggio verso il luogo
scelto per la cremazione. In questo percorso chi l'ha amata riporta
alla mente e racconta a chi gli è accanto, senza pudori, i particolari
più intimi del legame erotico vissuto con lei.
Viaggiano in auto con i due uomini due uccellini
in una gabbietta, due zigoli: non belli, non canterini, apparentemente
insignificanti. Essi, come i protagonisti della vicenda, così opachi
in superficie, possono rivelare qualcosa di inaspettato...
Sviluppando il racconto il regista ci avvicina alla cultura del popolo
merya non solo mostrando i riti più importanti per la comunità (il
matrimonio, il funerale), ma soprattutto facendoci avvertire una
diversa concezione del corpo e dell'incontro dei corpi. Peculiare è
soprattutto la relazione con gli elementi della natura, in particolare
con l'acqua, centrale in questa cultura e nel film, attraverso
immagini sapientemente costruite, a cui il montaggio dà spazio e
respiro. Non si tratta però di un poetico documentario. La narrazione
restituisce ambiguità alla realtà rappresentata. Mentre il marito
rievoca la passione assoluta che lo legava alla moglie e al suo corpo,
il suo compagno di viaggio, apparentemente lì perché depositario delle
tradizioni antiche, svela pian piano il legame segreto che
legava lui stesso alla donna, e di cui forse il marito non era
all'oscuro. Il viaggio si carica allora di una complicità sottile, che
fa sì che le immagini, elegantemente costruite, vivano di una tensione
sotterranea, come sospese nell'attesa di uno scioglimento finale...
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