Il segreto dei suoi occhi (El Secreto de Sus Ojos)
Juan José Campanella
- Argentina/Spagna 2009 - 2h 9'

miglior film straniero

   Una volta il peggior nemico della memoria era il tempo. Oggi è la valanga di informazioni che a volte confonde e rimescola tutto in un eterno presente. Su questo terreno il cinema ha ancora molte carte da giocare, specie in paesi che con la memoria hanno un conto aperto come l'Argentina. Il segreto dei suoi occhi, Oscar come miglior film straniero in barba a due capolavori come Il nastro bianco e Un prophète, è un perfetto esempio di questo lavoro che usa con abilità i generi (poliziesco, mélo) per scavare nella memoria.
Protagonista è il maturo Esposito (un magnifico Ricardo Darìn), funzionario in pensione del tribunale di Buenos Aires che vuole scrivere un romanzo su un delitto di 25 anni prima da cui è ancora ossessionato (occhio alle date: il delitto è della primavera 1974, l'azione dunque si divide fra quel periodo e il 1999). Cosa c'era dietro lo stupro e l'omicidio di una giovane bellissima e senza storia? Perché né Esposito né l'affascinante magistrato per cui lavorava e che amava in silenzio, l'altera Irene (la toccante Soledad Villamil), riuscirono a sbattere in galera il colpevole? E dove sarà il marito della vittima, che continuò a cercare da solo l'assassino? Trattandosi di anni 70 e Argentina, scatta l'associazione più ovvia: giunta militare, desaparecidos, voli della morte. Sbagliato! Perché Peron muore nel luglio '74, il golpe è del marzo'76, dunque la parte principale del film si svolge nel periodo d'incubazione della dittatura. Un periodo semicancellato dalla valanga di orrori successiva, tanto che oggi gli stessi argentini, specie i più giovani, ne hanno scarsa cognizione.
Campanella rievoca quegli anni oscuri proiettando l'inchiesta di Esposito, del suo aiutante ubriacone e della loro bella capoufficio, contro lo sfondo agghiacciante di un paese che stava sprofondando nell'orrore ma non osava dirselo. Sono gli anni in cui il Potere reclutava malviventi comuni e la famigerata AAA (Alleanza Anticomunista Argentina) rapiva e trucidava impunemente "sovversivi". Si dice persino che Peron sia morto per mano di uno di questi delinquenti, guardia del corpo e amante di sua moglie Isabelita (a questo allude una scena del film, da non svelare). Campanella è bravissimo a evocare tutto questo giocando sulle atmosfere, gli uffici divorati dalle scartoffie, il collega improvvisamente e apertamente minaccioso, le scene madri centellinate con maestria (c'è perfino un imprevedibile momento "hard"). Qualcuno non gli perdonerà l'epilogo a sorpresa o l'addio alla Dottor Zivago. Ma basterebbe la scena dell'ascensore a riconciliarci con un cinema insieme tradizionale e potente. Dopo tanti "cattivi" da 007, avevamo dimenticato cos'è la paura al cinema. Campanella ce lo ricorda con schietta brutalità. È una lezione anche questa.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

promo

Il chiodo fisso di Benjamín Esposito, assistente Pubblico Ministero nell'Argentina degli anni '70, è un caso giudiziario di una donna violentata e uccisa su cui la giustizia non volle fare chiarezza lasciando un marito devastato e inconsolabile a covare vendetta e un assassino in libertà. 25 anni dopo, pensionato, Benjamín decide di colmare questo vuoto ritornando sulle tracce del caso... Campanella, maestro sconosciuto in Italia, ha il talento e il coraggio di chi affronta il cinema nella sua essenza. Il segreto dei suoi occhi è il suo capolavoro, un lavoro che porta a capo la sua carriera e la sua poetica, che riassume ed esalta le sue qualità.

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