Una sconfinata giovinezza
Pupi Avati
- Italia
2010
- 1h 38' |
Si
può girare una storia tristissima senza deprimere lo spettatore?
Evidentemente si, se il fine è stato quello di raggiungere uno specifico
equilibrio tra il tono stilistico e la sostanza drammaturgica.
Pupi Avati,
del resto, va considerato un regista giovane perché più della sua carta
d'identità fa fede la filmografia che ha appena superato la quarantina (di
titoli): in
Una
sconfinata giovinezza
lo spettatore potrà ritrovare gli appigli consueti, andare sul sicuro,
insomma, immergendosi nel microcosmo emiliano dell'eterno ritorno
memoriale; ma, nello stesso tempo, ritrovarsi faccia a faccia con i motivi
più aspri, le riflessioni più sconsolate, le ipotesi meno gratificanti di
cui lo stesso itinerario audiovisivo si è nutrito più o meno in
sottotraccia [...] La sfida di Avati sta in questo gioco che rasenta
l'enfasi per dimostrasi infine asciutto e struggente di flash involontari
eppure inevitabili- accentuazione tragica e pessimista delle intermittenze
proustiane ovviamente in gran parte affidato alle prove davvero ardue dei
protagonisti. Fabrizio Bentivoglio è un Settembre (che, guarda caso, è il
titolo di uno dei più bergmaniani film di
Woody Allen) in grado di superare
di slancio la facile immedesimazione da documentario medico e Francesca
Neri incanta per come dà spessore alle sfumature più oscure e
destabilizzanti del copione; ma spiccano nell'armonia d'insieme anche gli
assoli di rodati interpreti dell'Avati-touch come Lino Capolicchio, Gianni
Cavina, Erica Blanc e Serena Grandi. |
Valerio Caprara -
Il Mattino |
Una
coppia mal assortita che però si ama da una vita intera affronta il nemico
più terribile di tutti: la malattia. Non una malattia come le altre, che
debilita e distrugge il fisico, ma un morbo invisibile che annacqua poco a
poco le facoltà mentali, confonde epoche e giudizio, genera in chi ne è
affetto uno spavento senza fine. Che spesso si sfoga in un'aggressività
incontrollabile verso i propri cari [...] Nel cinema di Pupi Avati nulla
lasciava presagire un film sull'Alzheimer, malattia purtroppo endemica nei
paesi più longevi. Tanto meno ci si aspettava un film così duro da un
regista spesso considerato sentimentale. Eppure uscendo da
Una
sconfinata giovinezza
si finisce quasi per pensare che non ci fosse soggetto più vicino alle sue
corde. Come se dietro i colori nostalgici di tanti suoi film apparissero
di colpo dubbi, ripulse, rovelli ben più taglienti e contraddittori.
Peccato che Avati non abbia impresso una sterzata decisa anche sul piano
formale, asciugando l'impianto un po' abusato del suo cinema. A forza di
voci narranti, dialoghi esplicativi, flashback virati seppia, musiche
invadenti, sembra sempre che i sentimenti siano 'incorporati' nelle
immagini. A un buon film chiediamo solo di raccontare, con pudore e
nitore. I sentimenti ce li mettiamo noi. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
promo |
Lino Settembre
e sua moglie Chicca hanno condotto un'esistenza felice e appagata.
Ma Lino ad un
certo punto inizia ad accusare problemi di memoria che lentamente
diventano sempre più gravi... Con il tempo la malattia avanza Lino
si allontana sempre più dal presente vivendo una drammatica 'regressione',
ma sua moglie, rifiutando qualsiasi ipotesi di abbandono ed
esclusione, decide di restare accanto all'uomo che ama ad ogni
costo.
L'analisi della malattia che disgrega la mente è condotta con
esattezza, pudore e sobrietà e tutta la parte della regressione
all'infanzia sa essere intensa e poetica. Dolorosa storia vista
con un'umanità che ha radice nel cinema di Avati, specialista nel
restituirci gli stupori della vita. Cast di prestigio e coraggio
nell'affrontare nell'Italia da farsa un tema serio. |
cinélite
TORRESINO
all'aperto:
giugno-agosto
2011