Non
si tratta certo di sostenere che
Rohmer
si è fatto sibillino, rinnegando un passato di ‘limpidezza’ velata solo da
qualche striatura di sottile ironia; no, il Maestro rimane fedele a se
stesso, al suo cinema ad alta precisione (è necessario ricordare le
geometrie narrative, le trame perfette, l’importanza da sempre assegnata
all’espressi vità dell’immagine finemente depurata di ogni orpello
accessorio e il suo superbo fondersi con la parola che preziosamente
trasforma la chiacchiera in conte philosophe?), fedele alla sua sintassi
cinematografica, alla «moralità» della sua visione del mondo. E tuttavia
Reinette et Mirabelle,
proprio mentre testimonia questa coerenza d’autore, rivela un approccio al
medium filmico che ha la valenza di un «a fondo» all’interno della sua
ricerca. Rohmer ci aveva messo sulla buona strada: «Le Commedie e Proverbi
sono dei giochi per divertirsi, ci si diverte facendoli»; e
Reinette et Mirabelle,
commedia senza proverbio, orfana delle fiammeggianti epigrafi didascaliche
e disarmanti, altro non è che lo straordinario svelamento di quel la
affermazione. (La verità così a portata di mano stava per sfuggirci). E il
giocattolo che Rohmer si è regalato per giocare al «suo» cinema; per
ripercorrerne i topoi - la vacanza, la messa in scena delle differenze, le
peregrinazioni urbane, gli incroci di percorsi e destini, l’universo
femminile, ad esempio - riassaporarne il gusto dolceamaro delle origini,
riproporne modelli, atmosfere, ripensarne le scelte tematiche. Col gusto
infantile del divertimento e un rinnovato piacere di fare cinema; sperduto
in una dimensione ludica che si fa processo creativo e il cui esito è
magicamente conturbante, sicuramente indicibile. Il trucco è svelato: la
purezza misteriosa di
Reinette et Mirabelle
è pari all’incanto dell’arte che gioca con se stessa.
Marzia Milanesi -
Cineforum
cinema
invisibile
TORRESINO
ottobre-dicembre 2010
Film di conversazione - dove le querelles non sono né alte né impegnate -
se
Reinette et Mirabelle
risplende nell’immagine, trova nella parola l’altro suo punto di forza.
Non è una novità, nei film di Rohmer si parla molto, ai tavolini dei bar
(e qui si rende omaggio), su poltrone e divani casalinghi. La parola però
non è mai verbosità superflua o accessorio di rincalzo…