I ragazzi del Marais
(Les Enfants du Marais)
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da L'Unità (Michele Anselmi)
Proprio mentre il festival di Cannes esclude l'Italia dal concorso ufficiale, esce sui nostri schermi I ragazzi del Marais. Un tempo idilliaci e fattivi, i rapporti tra le due cinematografie "cugine" da anni da anni volgono al peggio; e difficilmente il film di Jean Becker rovescerà la tendenza. Tratto dal romanzo omonimo di Georges Montforez, I ragazzi del Marais è una specie di Ufo, così lontano dai gusti attuali da risultate perfino simpatico: per l'atmosfera che lo anima, per l'ambiente che indaga, per i sentimenti che evoca. Anni Trenta, nella rigogliosa campagna sulle sponde della Loira. E la voce narrante di un'anziana allora bambina a restituirci la piccola comunità rurale che vive ai margini della palude (Marais significa appunto stagno, palude). Garris (Jacques Gamblin) è un solitario che s'è installato nella baracca di un vecchio pescatore, a un passo dalla casetta dell'avvinazzato Riton (Jacques Villeret), infelicemente risposatosi. Poi ci sono il leggendario campione di boxe Jo Sardi (Eric Cantona), finito in carcere; lo zitellone svaporato Amedée (André Dussollier) con la passione di Louis Armstrong; e soprattutto Pépé (Michel Serrault), il ricco e analfabeta industriale che si fece da solo e ora poco sopporta di vivere in quella villona, lontano dalle sue amatissime rane. Contrappuntato dal West End Blues di Satchmo, il film parte maluccio, ma alla fine si impone con il suo tono amarognolo, tra Pagnol e Renoir, perfino drammatico sotto la scorza elegiaca. Se il clima a volte risulta sdolcinato nelle parentesi sentimentali, basta l'unghiata di Michel Serrault a ispessire la vicenda: naso schiacciato, Panama in testa e barba fluente, il grande attore si impadronisce del suo Pépé facendone un patriarca da applauso.
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TORRESINO
febbraio-aprile
2002