Poetry
Lee Chang-dong – Corea del Sud
2010
- 2h 19' |
|
miglior sceneggiatura |
Raro,
sublime film sudcoreano: raccomandato a chi - più che per distrarsi -va al
cinema per concentrarsi. Eppure è di una meravigliosa semplicità la
protagonista Mi-ja: anziana signora eccentrica colpita dall’Alzheimer che
per campare assiste un vecchio infermo, mentre ridefinisce il suo rapporto
con la vita prendendo lezioni di poesia. Ma la poesia è anche
automedicazione da un mondo crudele e senza pietà: il nipote della donna è
tra i sospettati di uno stupro che ha condono al suicidio una ragazzina.
Lungo due ore e venti, i film dì Lee Chang-dong - degno discendente del
maestro giapponese Ozu - è composto per tocchi. come un quadro
impressionista. Grande interpretazione di Voon Jung-hee, forse la massima
attrice coreana. |
Roberto Nepoti - La Repubblica |
Il
film ha il coraggio molto orientale e introspettivo dei silenzi, delle
pause, delle inquadrature fisse e dei panorami che da geografici si fanno
interiori, come se lo stile riflettesse la coscienza della donna e c'è
nelle figure e nelle parole la sana ricerca di un rapporto tra vita e
morale. Non è un mélo, non fa piangere, anzi in un certo senso, mentre
l'autore non evita maliziosi appunti di costume (si paga tutto, anche la
morte) c'è quasi una terapia da lieto fine. Perché in fondo ragionare
serve, la poesia forse è una cura verso un senso del quotidiano che
diventa sempre più oppressivo per colpa degli uomini che distruggono
metodicamente valori, sentimenti e cultura. La poesia non si mangia ma fa
vivere: l'attualità nostrana del messaggio è sotto gli occhi di tutti. E
fa piacere pensare che l'autore, premiato a Cannes e poi con l'Oscar
asiatico, è stato al suo Paese un ministro della Cultura che si è battuto
affinché il sapere non fosse schiavo dell'economia e soprattutto della
politica. |
Maurizio Porro - Il Corriere della Sera |
Lee
Chang-dong
poteva affrontare questa storia in tanti modi, compreso quello neorealista
a lui caro e per certi versi consono a questo escamotage narrativo, invece
decide di inquadrare questo spaccato della società di provincia coreana
all'interno di una riflessione più alta. Da una parte una realtà squallida
e inaccettabile, dura e cruda, che dice molto dei giovani nella Corea di
oggi, dall'altra una condizione di vecchiaia che porta un allontanamento
da quella stessa realtà, sfumandola attraverso la perdita della memoria.
La poesia del titolo non è solo la cifra stilistica a cui il regista si
attiene, ma è anche la bussola che permette alla protagonista di
orientarsi nel buio del suo presente. Diceva il poeta russo Kataev che il
senso della poesia è dare un nome alle cose. Ecco, immaginiamo allora
quale necessità assume tutto ciò per una persona che sta perdendo pian
piano il nome delle cose. |
Dario Zonta - L'Unità |
promo |
In
una piccola città nella provincia di Gyeonggi l'anziana Mija, malata di
Alzheimer, vive con il nipote. È una donna eccentrica, piena di curiosità.
Il caso la porta a seguire dei corsi di poesia presso il centro culturale
del suo distretto. Cercando la bellezza nel suo ambiente quotidiano, al
quale sente di non aver mai prestato abbastanza attenzione, le sembra di
scoprire davvero le cose che ha sempre avuto attorno. Anche se un evento
imprevisto turberà la sua idilliaca armonia con il mondo... Premiata a
Cannes 2010, la sceneggiatura di Lee Chang-dong è una lezione di
dignità (da cercare e difendere ovunque, contro la malattia, la
vecchiaia, la colpa). La poesia del titolo non è solo la cifra
stilistica a cui il regista si attiene, ma è anche una cura verso
un senso del quotidiano che diventa sempre più oppressivo e vuoto
di valori, sentimenti e cultura, la bussola che permette alla
protagonista di orientarsi nel buio del presente. Una partitura
densa e rigorosa, cui dà vita in modo commovente la straordinaria
interprete Yun Jeong-hie, veterana del cinema coreano. |