Il
nuovo film di Tom Shadyac (Ace
Ventura, Bugiardo
bugiardo, Il
professore matto) è ben riassunto
dalle due parole del titolo. Patch. Il Collins recita: "Toppa, pezza, benda,
macchia, appezzamento, pezzo": a) Toppa (la metafora): viene
usata per aggiustare un bicchiere che gocciola. Un gesto semplice, un'azione
scontata che tutti avrebbero potuto fare, ma nessuno ha fatto. b) Pezza
(arlecchinesca): Robin Williams ricorre alle solite mimiche, vocette, smorfie,
battutine più o meno intelligenti. c) Benda (la "realtà"):
la usa lo studente-medico per curare i malati poveri. d) Macchia (l'anticonformismo):
il medico-clown "sporca" l'ospedale con la sua presenza. Scomodo
per l'ordine, disturbante per le sue idee innovative sul buon umore quale
componente fondamentale per la terapia del paziente. e) Appezzamento (il
sogno): il terreno sul quale costruire l'ospedale del futuro. Non avveniristico,
ma con piccoli accorgimenti per andare incontro alle persone malate. f)
Pezzo, pezzi (le citazioni e il riciclaggio): quelli che semina Robin Williams
durante tutto il film: pezzi di repertorio, monologhi provenienti da Good
Morning, Vietnam, camici e sguardi sdolcinati
prestati da Risvegli,
battutine e baci ispirati da La leggenda
del re pescatore, lotte, rimproveri e
vittorie che ricordano un po' troppo quell'alzarsi sui banchi dell'Attimo
fuggente.
Alberto Fassina - Duel
Adams. Il titolo è composto anche di una parola che rimanda a un
uomo, il medico che ha insistito per trarre dalla sua esperienza un film.
Si può rimanere perplessi per una sceneggiatura che incornicia aforismi
(anche se si può condividere che "per fare le cose nella
vita non occorre essere sempre stronzi") o per una regia che sfrutta
l'immaginario legato a un attore. Eppure a questa parola viene da rispondere
con rispetto: lo stesso che il dottore mette nelle sue terapie assieme
al buon umore che, come la toppa, nessuno aveva pensato di usare. Forse
è ora di ripensare etica e deontologia a partire dalle piccole cose.
Minima moralia.