L'omaggio a Visconti - Il restauro di Ossessione
Maria Cristina Nascosi
Il
centenario della nascita di Luchino Visconti – ed i trent’anni dalla
morte (1976) - insieme con quello di Mario Soldati e di
Roberto Rossellini, sono stati ricordati a Venezia 63: così,
nell’ambito della sezione Storia segreta del cinema italiano/3,
la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica ha proposto,
restaurate, alcune delle loro opere più significative.
Per quanto riguarda Visconti si è potuto assistere ad
Anna Magnani – 5° episodio
dal film antologico
Siamo donne
(1953) nella versione restaurata dalla Cineteca Nazionale e Ripley’s
Film, un testo di cui era soggettista Cesare Zavattini che lo
sceneggiò con Suso Cecchi D’Amico (l’aiutoregista fu Francesco Maselli
Le musiche di Alessandro Cicognini, la fotografia di Gabor Pogany).
L'argomento trattato è un litigio tra un'attrice ed un "tassinaro" a
proposito del supplemento per il trasporto di un cane. Anna Magnani,
che interpreta se stessa, litiga con un tassista che esige una lira in
più per il trasporto del suo cagnolino. Si rivolge ai carabinieri e
riesce a spuntarla ma ci rimette i giri in taxi, una multa per il cane
e una per il ritardo in teatro dove va a recitare in un varietà dove
canta, nei panni della fioraia del Pincio, Come è bello fa'
l'amore quann’ è sera… L' episodio, è una
vera e propria prova d’attrice e contiene pochi momenti di 'verità'
zavattiniana: la Magnani, propone il meglio di se stessa senza, in
realtà, rivelare nulla se non la sua gran voglia di esibirsi e di
chiudere il film. Da ri-vedere, sicuramente.
Anche
Ossessione
(1942), il primo capolavoro viscontiano, è stato proposto in versione
restaurata, sempre ad opera della Cineteca Nazionale e della Ripley’s
Film, in collaborazione con Sky Italia.
Di nobili origini - era figlio di Giuseppe Visconti duca di Modrone e
di Carla Erba, figlia del noto industriale farmaceutico – Luchino
aveva avuto un'infanzia ed una fanciullezza inquiete: era scappato più
volte da casa e dal collegio ed ebbe pure una crisi mistica.
Allora la sua grande passione era la musica, ma lo rimase poi per
tutta la vita, come racconta anche il cognato, il musicista Franco
Mannino nei suoi scritti.
Nel teatrino della residenza di famiglia, fin da giovinetto, si era
divertito a creare ed a dirigere - già regista, dunque - piccoli
lavori, di cui era anche autore originale, in musica.
E questa passione - soprattutto quella per il melodramma – lo
condurrà, nel tempo, ad altre innumerevoli e meravigliose regie (in
luoghi prestigiosi quali la Scala di Milano) come quella di un’indimenticata
Traviata, protagonista Maria Callas, del 1955, o l’altra con Mirella
Freni, del 1967, o, ancora, Le nozze di figaro, del 1964 (dunque più
che mai giusto ricordarlo in questo 2006 che segna anche i 250 anni dalla
nascita di Mozart).
All'età di trent'anni, insoddisfatto della vita che conduceva,
Visconti si trasferì a Parigi e qui venne in contatto con il mondo del cinema e in
particolare con Jean Renoir, conosciuto attraverso la comune amica, la
sarta e stilista – ma più appropriato sarebbe dire artista - Coco
Chanel.
Nel 1936 fu assistente dello stesso Renoir per
Une partie de campagne
e nell’occasione il suo
innato ed indiscusso gusto estetico lo indusse a disegnare
personalmente i costumi di scena.
Approfondì poi la propria cultura cinematografica seguendo numerosi
film francesi e russi e discutendo quotidianamente con Renoir ed i
suoi assistenti. Dopo un breve soggiorno a Hollywood, ritornò in
Italia e nel 1939 fu nuovamente assistente di Renoir per la Tosca, che
il regista francese iniziò soltanto dovendo interrompere per lo
scoppio della guerra (terminata in seguito da Karl Koch).
A Roma Visconti entrò in rapporti con un gruppo di giovani critici
cinematografici che collaboravano alla rivista "Cinema", allora
diretta da Vittorio Mussolini: tra essi, nella stessa veste, vi era
anche il giovane Michelangelo Antonioni che andava scrivendo su carta
quella che poi sarebbe divenuta la sua opera prima su pellicola, il
cortometraggio Gente del Po.
Tra gli altri, Visconti strinse amicizia, in particolare, con Giuseppe
De Santis, Dario Puccini - intellettuali antifascisti - e Mario Alicata.
Con loro, insieme ad Antonio Pietrangeli ed Alberto Moravia, scrisse
una
sceneggiatura, che in prima istanza s’intitolava Palude,
tratta liberamente dal romanzo di James Cain, Il postino suona sempre due volte,
che aveva avuto occasione di leggere in una
traduzione francese datagli da Renoir. Il testo fu approvato dalla
censura fascista (che precedentemente aveva invece rifiutato una sua
sceneggiatura dal racconto di Giovanni Verga L'amante di Gramigna) e
nacque così
Ossessione.
Girato nel 1942 (ma edito nel 1943),
il film non soltanto segna l'esordio di
Visconti nella regia, ma getta i prodromi di quel "cinema della
realtà" che verrà sviluppato e arricchito nell'immediato dopoguerra e
diverrà il Neorealismo, trovando tra i suoi massimi esponenti Roberto Rossellini (anche lui tra i ‘festeggiati’ veneziani).
Grande opera prima, grandi interpreti: Massimo Girotti, attore
sensibile, raffinato, multicorde, che ha recitato quasi fino alla sua
morte (la sua ultima comparsa è ne La finestra
di fronte - 2003 - di Ozpetek); Clara Calamai
- il primo ‘seno nudo’ della storia del cinema
‘interpretato’ ne La cena delle beffe di Alessandro Blasetti
(1941) - che sostituì la ‘preferita’ - ma allora in
gravidanza - grandissima Anna Magnani e si innamorò perdutamente
quanto inutilmente di Luchino.
E, last but not least, la musica; quella originale era di Giuseppe
Rosati, certo, ma il tocco del regista, con la sua passione per il mélo,
lasciano in
Ossessione un’impronta indelebile, tutta
"viscontiana":
l’Andante della Traviata di Giuseppe Verdi - non a caso - è
il leit motiv che contrappunta l’incontro fatale dei due protagonisti,
Gino Costa (Girotti) e Giovanna Bragana (Calamai): vero deuteragonista
della tranche filmica narrata!
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