...Nuovo
e magnifico film di Philippe Garrel
(...). Lui, Garrel, è genialmente «inattuale» e sempre contemporaneo.
(...) Bianco e nero (...) girato in pellicola (ma proiettato in digitale)
con la luce che accarezza senza compiacimenti di Renato Berta questo film
segna però un passaggio nell'universo garreliano e del punto di vista
narrante. Una coppia in crisi, abbandoni, massacri e tradimenti, e I'autofinzione
della vita, quella del regista, degli amori e delle sconfitte lancinanti
di un'utopia, che attraversa tutti i suoi film si allarga al femminile:
uomo e donna sono messi a confronto nella «verità» impossibile del
sentimento e insieme di una Storia che la sola memoria non può restituire.
Perché la memoria inganna e si fa ingannare dal desiderio o dal rimorso.
(...) L'immaginario è rivoluzionario come i sentimenti quel «privato
politico» delle strade sessantottine, della rivolta accompagnata dalle
parole di De Sade. E nell'intreccio tra lo sfascio della coppia e la
Storia Garrel interroga la verità delle immagini, il pretestuoso gender
che circoscrive «realtà» e «finzione» laddove la prima si dichiara
oggettiva, ma come ci dice sempre anche Godard la verità è possibile solo
nel massimo della sua messinscena, consapevole e non spacciata per «vera».
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