Animali notturi
(Nocturnal Animals) |
VENEZIA 73 LEONE D'ARGENTO - GRAN PREMIO DELLA GIURIA |
Chi non ricorda gli scatenati ballerini di jitterbug nella sequenza di apertura di Mulholland Drive? “Immagine-mentale”, “immagine-attrazione”, chiave di lettura del film, ma nel contempo diegetica? Anche nel film di Tom Ford i titoli di testa sono accompagnati da immagini di forte impatto visivo: un'esibizione di corpi sfatti, obesi, osceni di donne anziane che, agitando penne e lustrini, si muovono al ritmo di danza su grandi schermi, anche qui immagine-mentale simbolica, doppiamente connotata: nel film e nell'installazione artistica di cui sono parte. Se da un lato il fascino prodotto dall'orrore rimanda alle scelte estetiche su cui il film si basa (grande raffinatezza formale per rappresentare l'orrore della solitudine esistenziale metropolitana), dall'altro, a livello di storia, l'opera ci comunica i gusti radicali della protagonista, proprietaria della galleria d'arte in cui avviene la performance.
La sceneggiatura
del film si basa sul romanzo di Austin Wright, Tony e Susan,
del quale mantiene la struttura narrativa costruita su tre livelli: la
storia di Susan (Amy Adams), sofisticata direttrice di una galleria
d'arte, sposata in seconde nozze con un affascinante marito che la
tradisce, la storia narrata nel romanzo intitolato Nocturnal
Animals, che il precedente marito (Jake Gyllenhaal) le fa
pervenire e che racconta di un’aggressione terribile di cui un uomo,
la moglie e la figlia sono vittime di notte nel sud del Texas da parte
di una banda di teppisti, con conseguenze tragiche e successiva
vendetta, alla quale collabora anche il morente poliziotto Bobby (Michael
Shannon) e infine il passato di Susan, che ha lasciato il marito
Edward (Jake Gyllenhaal), promettente e squattrinato scrittore, per un
uomo di successo, cedendo così forse involontariamente alle pressioni
della madre (una splendida Laura Linney). I fantasmi del passato
emergono durante la lettura del romanzo, cosicché i profili
dell’autore del romanzo, vale a dire Edward, e quello di Tony, il
protagonista della vicenda, nella visualizzazione di Susan, si
confondono progressivamente e si rispecchiano sempre di più l’uno
nell’altro.
Tom Ford riesce a
superare la rigidità, un po' meccanica nel romanzo di origine, di
questi piani narrativi così diversi, utilizzando, come un ottimo
scrittore, differenti stili, per dare vita, peso e rilievo alle
diversificate combinazioni che il racconto esige. La complessità del
film non è quindi frutto di questa sovrapposizione di temi e vicende
della narrazione, ma della capacità del regista di dare unità a questa
struttura, rappresentando da un lato, attraverso una composizione
perfetta e raffinata delle immagini, la vita di Susan con i suoi dubbi
notturni che le impediscono di dormire, ma anche la sua “perfetta”
vita diurna, e dall'altro, attraverso uno stile nervoso, frammentato,
palpitante di angoscia e di violenza trattenuta, la dolorosa vicenda
di Tony, che vive la sua tragica avventura in una impenetrabile,
inquietante oscurità popolata da una ostile presenza umana, che sembra
confondersi con la selvaggia pianura texana.
È lei l’animale
notturno, quella che non riesce a dormire ed è lei che legge
nell’opera alla parete della sua galleria la parola Revenge,
chiedendosi chi mai l’avesse comprata, per sentirsi rispondere che era
stata lei stessa a volerla. Edward ha ripagato la cattiveria di Susan
nel lasciarlo, scrivendo una storia senza speranza e la invia a lei
come per riaprire i giochi, trascinandola in un imprevedibile finale. |
Cristina Menegolli - ottobre 2016 - pubblicato su MCmagazine 41 |