Xavier Dolan
è un doppiatore, attore e regista canadese. Ha interpretato una quindicina
di film e ne ha diretti cinque. Il suo ultimo si intitola
Mommy,
vincitore al festival di Cannes del premio alla regia (ex-equo con
Jean-Luc Godard). A colpo d’occhio una bella carriera come tanti, con la
sola differenza che Xavier Dolan ha venticinque anni.
Il mondo del cinema è stato spesso abitato da enfants prodige: Bernardo
Bertolucci gira il suo film d’esordio a 21 anni, Marco Bellocchio a 26,
François Truffaut firma I 400 colpi a
27 anni; l’ultimo, forse, Quentin Tarantino, lo conosciamo ormai da
trent’anni. Perché per parlare di
Mommy
è importante sottolineare la giovane e ricca biografia del suo autore?
Perché ripassare un po’ di nomi che hanno fatto la storia del cinema? La
risposta sta nel fatto che tutti questi registi citati, oltre alla giovane
età, sono stati a loro modo sfacciati.
Mommy
è un film evidentemente girato da un ragazzo giovane cresciuto a cinema e
audiovisivi. Il suo modo di filmare e di montare si porta dentro qualcosa
di immediato e istintivo, come si addice alla generazione di nativi
digitali.
Mommy
ha una storia semplice i cui richiami però diventano infiniti. C’è un
ragazzo quindicenne, Steve, affetto da un disturbo di personalità. Stare
vicino a lui è come salire su un ottovolante, grandi alti e bassi, un po’
bipolare, depresso ed euforico, iperattivo, violento e dolce; vive assieme
a sua madre Diane. Quando faranno amicizia con la vicina di casa Kyla il
triangolo sarà al completo. Un triangolo dalle misure variabili, isoscele
con Steve al vertice più alto e le due donne equidistanti, oppure scaleno
con i tre personaggi impegnati in un continuo riassetto delle loro
distanze.
Usiamo la metafora della geometria perché è lo stesso Dolan a giocare con
le proporzioni e le figure. Per mettere in scena questa bellissima storia
d’amore, utilizza un formato cinematografico con proporzioni 1 a 1.
L’immagine non è rettangolare, ma quadrata. In questo modo di riprendere
manca l’aria. I personaggi sono stretti tra loro, soffocano uno vicino
all’altro, ma quando riescono a trovare la giusta distanza allora lo
schermo si allarga, il film prende fiato e si vola sulle note di una
colonna sonora ricca di brani molto noti, tra cui spicca Vivo per lei
di Andrea Bocelli che Steve dedica a sua madre in una delle numerose scene
toccanti e commoventi della pellicola.
Mommy
è quindi un film che non trova mai un suo equilibrio formale, ma è in
questa sua ricchezza, in questa sua carica, spesso ruffiana, che risiede
la sua bellezza. Nel rapporto tra un figlio, una madre e un’altra donna
c’è la metafora del mondo e della vita. E quando a raccontarla è un
ragazzo di 25 anni ogni errore e ogni ingenuità diventa un pregio, perché
si sente uno sguardo sincero nel quale l’autore sembra ammettere allo
stesso tempo la sua consapevolezza di essere bravo e la sua gioia nel
poter raccontare questa sua storia, così intima.
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Il più allegro e impudico, il
più disperato e colorato, il più imprevedibile e 'palmabile' dei film
visti quest'anno a Cannes (anche se poi si sarebbe 'accontentato' del
premio alla regia ex aequo con Godard) si intitola semplicemente
Mommy:
e trattandosi di una storia d'amore, anche se sui generis, giustamente
arriva in sala per Natale. Difficile etichettarlo, come vorrebbe la
dittatura del marketing (buon segno). Diciamo che è una commedia
post-Almodovar e post-Fassbinder (nera? rosa? arcobaleno?), diretta da un
regista giovanissimo che ha anche guardato con attenzione i primi lavori
di Jane Campion: Xavier Dolan, canadese francofono, 25 anni e già 5 film
al suo attivo. Il primo subito premiato a Cannes nel 2009, l'ultimo prima
di questo, 'Tom à la ferme', in concorso a Venezia nel 2013 (ma purtroppo
mai uscito in Italia). Una produttività fuori dal comune che è anche la
cifra del suo cinema eccessivo, spiazzante, oltraggioso come i suoi
personaggi. Ma anche molto consapevole e efficace, perché dietro i tipi e
i comportamenti più stravaganti ci sono sempre sentimenti assoluti (dunque
accessibile a chiunque:
Mommy
non è il solito film d'autore un po' scostante, al contrario). (...)
Attenti allo schermo quasi quadrato, da film muto, che ogni tanto si
allarga a sorpresa in un formato panoramico. Anche se non è detto che ve
ne accorgiate, tanto sono forti le emozioni che dovrebbe contenere..
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