da La Stampa (Alessandra Levantesi) |
Vito (Luigi Lo Cascio), timido e modesto impiegatuccio di Bari, ha sposato la sorella di Toni (Sergio Rubini), assicuratore imbroglione e volgare che in famiglia si comporta da capo decidendo ogni cosa. Vito non sopporta l'esuberanza comandona di Toni e Toni, che traffica con la malavita e ne condivide i maschilisti parametri di giudizio, considera il mite Vito un mezzo uomo. Diversi come il giorno e la notte i due sembrerebbero fatti per non incontrarsi mai, ma il destino ha stabilito altrimenti: i parenti purtroppo non si scelgono, capitano. Con Mio cognato, in dialetto pugliese come la sua opera prima Lacapagira, Alessandro Piva firma un notevole secondo film (prodotto dalla Rai) su cui è riuscito a incidere una salda cifra autoriale, nonostante il budget ben più consistente rispetto alle poche centinaia di milioni del precedente. In molti all’anteprima al festival di Locarno, hanno rilevato che il rapporto Rubini/Lo Cascio pare ritagliato su quello di Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant in Il sorpasso (1962). Anche qui abbiamo da una parte un trascinatore estroverso e cinico, dall'altra un giovane passivo e malinconico che subisce il pericoloso vitalismo del compagno restandone fatalmente travolto. Però contesto, storia e motivazioni sono differenti. Tutto parte dal furto dell'utilitaria nuova di Vito, che Toni decide di ritrovare. Ecco dunque i cognati addentrarsi nei luoghi più reconditi della città a bordo della fiammeggiante decapottabile di Toni. Risulta presto chiaro che per uno sgarro a un certo boss, costui è caduto in disgrazia e che il furto rappresenta un avvertimento. Sbalordito di fronte allo sconosciuto panorama che si schiude nella notte ai suoi occhi di piccolo borghese, Vito va dietro a Toni in una sorta di affascinato stupore. Piva, in un ben calibrato alternarsi di neri e tinte forti, sa conferire un'allarmata irrealtà al suo affresco di sottobosco barese. In questo paesaggio stralunato, abitato da guaglioni di malavita impersonati in chiave grottesca da locali (attori e no), spicca soprattutto la singolare coppia Rubini/Lo Cascio, che funziona a meraviglia e rappresenta un indiscutibile punto di forza del film. |
TORRESINO - ottobre 2003