Mifune
Dogma 3 (Mifune) |
Gran premio della Giuria Berlino 1999
da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro)
Fedele ai comandamenti del cinema con macchina a mano, senza infingimenti, violenze e parco lampade, il danese Soren Kragh-Jacobsen firma con Mifune il dogma 3, la new age nordica di Von Trier e Vinterberg. Racconta con virtuale ottimismo una storia radicata nella tradizione. Come in Festen, è sempre la famiglia che si lecca le ferite, si prende le colpe e paga le spese. Di un manager rampante che, la prima notte di nozze, corre nell'avita fattoria per la morte del padre, e ci resta per accudire un fratello ritardato, poi anche la colf ex prostituta, giunta col fratellino. Il groviglio delle due famiglie, speculare nella fratellanza, è raccontato con molto buon gusto sado-maso dal regista, che predilige l'aria aperta e i sentimenti chiusi, con quel plus valore metaforico per cui il nostro, nella casa paterna, degna di 7 spose per 7 fratelli, vomita il passato. C'è l'interesse curioso e non morboso di questo cinema per gli idiots, l'estetica del primo piano, la psicanalisi applicata. E Mifune? I due fratelli giocano, al prode Toshiro, che nei 7 samurai è nato contadino, mentre il nostro non-eroe invece rinnega le proprie origini di campagna, dove non ci sono segreti né inibizioni. Mifune ci porta dentro al tormentato paesaggio con accelerazione drammatica perfetta, un doppio fondo psicologico ben reso da tutti gli attori, peccando solo nel finale abbondante...
TORRESINO - cinema invisibile - nuovi dogmatici gennaio/aprile 2000