Miele
Valeria Golino - Italia
2013
- 1h 36' |
Pur
lavorando in incognito e con il nome in codice di Miele, la trentaduenne
Irene (Jasmine Trinca) è abbastanza conosciuta negli ambienti ospedalieri
per la sua propensione ad assistere persone in cerca d'aiuto. Irene, che
vive da sola e all'apparenza è una ragazza come tante altre, da tre anni
si dedica ad alleviare l'agonia dei malati terminali, stabilendo con loro
un rapporto di empatia e aiutandoli a morire. Quando però la contatta
Grimaldi (Carlo Cecchi), un settantenne in ottima salute ma stanco di
vivere a causa di un male invisibile che gli tormenta l'anima, Irene si
ritrova a dover prendere decisioni inaspettate e a cercar risposte che le
sconvolgono l'esistenza.
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È nata una
regista, ed è davvero brava! Basta vedere come l'esordiente Valeria Golino
si è appropriata della materia del romanzo
A nome tuo di Mauro Covacich (più
esattamente la seconda parte,
Musica per aeroporti), facendone una cosa
sua pur in spirito di apparente aderenza alla pagina. (...) Tema scottante
quello dell'eutanasia, ma il film evita la chiave del dibattito: per la
Golino la questione è letteralmente incarnata dal personaggio Miele,
respira attraverso la sua pelle, i suoi tremori, le sue tensioni, i
dispersivi aneliti vitalistici che le permettono di sopravvivere al
continuo faccia a faccia con la morte. D'altro lato, la figura
dell'anziano Grimaldi - intenzionato a suicidarsi perché stanco di
esistere - assume sullo schermo una statura notevolissima, non solo in
quanto lo impersona uno straordinario, raffinato Carlo Cecchi; ma perché è
lui il motore drammaturgico del cambiamento interiore di Miele. E nel
ruolo, una Jasmine Trinca androgina, malinconica, determinata per la prima
volta ci convince davvero. |
Alessandra Levantesi Kezich -
La Stampa |
Il cinema
italiano ha una regista in più: l'esordio di Valeria Golino va segnalato
non solo per l'importanza del tema (i suicidi assistiti, ispirandosi al
libro di Mauro Covacich
A nome tuo) ma anche per la qualità
cinematografica del tutto. Di questo vorremmo, brevemente, parlare: la
sceneggiatura minimale di Valia Santella e Francesca Marciano poteva dar
vita, sulla carta, a una non-storia, perché in fondo nulla di eclatante
accade nella vita di Irene... se non le morti con le quali continuamente
si confronta, da lei assistite con una «pietas» che per altro è tutta
umana, per nulla religiosa. La tensione narrativa, invece, non viene mai
meno grazie a una regia essenziale ma molto solida, a una recitazione di
alto livello (Jasmine Trinca bravissima, Carlo Cecchi superlativo) e alla
scelta di ambienti volutamente «anonimi», che raccontano sotto traccia
un'Italia piccolo-borghese alla disperata ricerca di valori che aiutino ad
affrontare il momento estremo. Un film che non sembra un'opera prima... |
Alberto Crespi -
L'Unità |
Nell'insolito
gruppetto di film da qualche anno dedicati a eutanasia, coscienza mortale,
gesto (Kill
Me Please,
Bella addormentata,
Quelques heures de printemps,
Amour)
qui pesa la giovinezza di Miss Morte, gli occhi belli, la pelle, l'energia
(sempre in bicicletta e in viaggio), la vita davanti di Miele (Trinca,
brava, ma forzata alla fotogenia dark di Noomi Rapace), esecutrice
clandestina di fine vita. Tra i malati terminali che «visita», c'è un
baro, un vecchio prof sano (Cecchi che fa molto Cecchi) aspirante suicida
per dismesso interesse. Lo schema ideativo di sceneggiatura si sente
(troppo), proprio dove cerca di sembrare accidentale. Esordio alla regia
di notevole purezze e cura di un'ottima attrice. |
Silvio Danese
-
Nazione-Carlino-Giorno |
promo |
Irene (Jasmine
Trinca) è una
ragazza di trent'anni, che ha deciso di mettere la sua vita al
servizio dei malati terminali che vogliono abbreviare la propria
agonia e le sofferenze; lavora in clandestinità, con il nome in
codice 'Miele'. Tutto sembra procedere per il verso giusto fino
all'incontro con l'ingegnere Carlo Grimaldi (Carlo Cecchi), un settantenne in
buona salute, che ritiene semplicemente di aver vissuto
abbastanza, che metterà in discussione le convinzioni e l'operato
di Irene... Tema scottante quello dell'eutanasia, ma il film elude
la chiave del dibattito: per la Golino la questione è
letteralmente incarnata dal personaggio Miele, respira attraverso
la sua pelle, i suoi tremori, le sue tensioni. Un esordio solido
in scrittura, minuzioso in regia e montaggio, che, evitando di
inciampare nella questione morale, vibra del sofferto faccia a
faccia di Irene con le sue scelte. |
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LUX
- giugno 2013 |
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