Il
luogo e l'epoca sono Bologna tra 1976 e '77. Il contesto è quello del
movimento giovanile che nel capoluogo emiliano ebbe la sua culla.
Decisamente proletarizzato, estraneo alle forme politiche ideologiche e
organizzative della tradizione di sinistra e più interessato alla libertà
dei comportamenti, all'esercizio della fantasia, caratterizzato da un
violento quanto velleitario rifiuto di ogni istituzionalizzazione, dal
lavoro salariato alla famiglia. Perno di tutto questo Radio Alice, la
madre di tutte le "radio libere", e bandiera la canzone che dà titolo al
film:
Lavorare con lentezza.
Chiesa contamina sfondo storico e invenzione (sua e dell'autore collettivo
Wu Ming, il gruppo che prima si faceva chiamare Luther Blisset)
incrociando un gruppo di destini. I ragazzi della redazione di Radio Alice
con l'avvocatessa militante Claudia Pandolfi, due ladruncoli degni di
I soliti ignoti, un ricettatore e il
carabiniere Valerio Mastandrea, uomo meschino e vendicativo. I ladruncoli,
nei giorni di massima incandescenza del movimento, devono scavare un
tunnel che porterà dritto al caveau di una banca e, ascoltando Radio Alice
durante il "lavoro", se ne appassionano trovando nell'incontro con quel
mondo una promessa di emancipazione dai loro destini subalterni già
segnati. E' un film pieno di spunti inventivi ed emozionanti: il regista
dice di averlo fatto "per tutte e tutti", il suo limite ci sembra forse
proprio quello di parlare con chi soprattutto per ragioni anagrafiche
frequentò quella temperie.
|
È
bello rivedere i ragazzi rivoltosi, creativi, mao-dadaisti della Bologna
infiammata 1976-1977; riascoltare la radio più giovanil
-popolare dell'epoca, Radio Alice poi occupata e chiusa dalla polizia;
ricordarne le indicazioni ("linea casinista") o gli slogan ("Il
delitto paga, il padrone no"). La ricostruzione
storico-esistenzial-politico-culturale del periodo in
Lavorare con lentezza.
(Radio Alice 100 6MHz) di
Guido Chiesa
, è molto ben fatta, tanto più che al regista riescono cose
che al cinema vengono quasi sempre male: manifestazioni e scontri tra
giovani e carabinieri o poliziotti, specie nella parte finale del film; il
modo di vestire e di muoversi dei ragazzi fine Settanta (i costumi
perfetti sono di Lina Nerli Taviani); il lampeggiare di disegni alla
maniera di Andrea Pazienza, di azioni infami come l'aggressione fascista a
un vecchio vagabondo, di conflitti accesi tra femminismo e maschilismo
(con Claudia Pandolfi specialmente pugnace)... Ma quello che soprattutto
interessa è che il movimento bolognese, definito dal luogo comune
un'accolta di oziosi parolacciari e violenti, riacquisti nel film la
propria identità e parte delle proprie idee che non hanno smesso di essere
intelligenti, giuste; e che diventi possibile un paragone magari
ingeneroso tra quella meglio gioventù divertita, combattente, e la
generazione contemporanea inerte, distratta, al massimo disubbidiente. |
...L’unico
italiano che ha vinto qualcosa al Festival di Venezia (il premio
Mastroianni per i giovani interpreti Tommaso Ramenghi e Marco Luisi) è
Lavorare con lentezza,
il film su Radio Alice di Guido Chiesa. Curiosamente ma non tanto,
contenderà il pubblico ad un altro film italiano che invece a Venezia non
è arrivato,
La vita che vorrei
di Giuseppe Piccioni. Il contrasto fra i due film non potrebbe essere più
stridente: aperto, pieno del respiro dei tempi quello di Chiesa (di due
tempi: il 1977 della storia, il 2004 della realizzazione e dell’uscita),
chiuso in se stesso, astratto, «mentale» quello di Piccioni...
Lavorare con lentezza
è uno straordinario scandaglio gettato nelle acque limacciose del nostro
presente: in un’Italia che ha un premier «operaio», una classe dirigente
che si riempie la bocca con parole come «impresa» e «flessibilità», ma che
al tempo stesso propone modelli spettacolari e mediatici assolutamente
beceri (è molto più nobile fare la velina che l’operaio), Guido Chiesa ci
costringe a ragionare sul concetto stesso di lavoro e di produttività. I
suoi personaggi sono o ragazzi che non vogliono il «posto fisso» caro ai
loro padri, o altri ragazzi che concepiscono il lavoro come missione
sociale o come mezzo di espressione creativa... l’idea più strepitosa di
Chiesa e dei Wu Ming (il collettivo bolognese di scrittura che ha
collaborato alla sceneggiatura) è il povero sbirro che deve ascoltare
Radio Alice tutto il giorno per controllarla, e finisce per diventarne un
fan. L’ultima parola del film spetta a lui: la radio è stata evacuata (è
il fatidico 12 marzo 1977) e lui, lasciato solo a fare il piantone,
impugna il microfono e grida nell’etere «anche i carabinieri devono
lavorare meno».
Lavorare con lentezza,
è un film mao-dadaista (definizione del regista) pieno di cose, di
trovate, di idee e di splendida musica. In più, nonostante parli del ’77,
cioè di un anno in cui Chiesa era un ragazzino, è un film anti-nostalgico,
ironico, beffardo, non flessibile, non imprenditoriale, non velinaro. È un
film contro ogni logica aziendale. |