Fa
piacere segnalare
Jimmy della Collina
del sardo Enrico Pau, un bel film che fatica a rendersi visibile. Jimmy è
di famiglia operaia e, non ancora diciottenne, è già un delinquente. Per
ribellione, indifferenza, rifiuto, assenza di opportunità e prospettive,
mancanza di fiducia nella vita, negli altri, in se stesso. Ragioni che non
sa esprimere se non nel mutismo e nell'ostilità.
Beccato al primo tentativo di rapina è finito in carcere minorile da dove,
grazie all'opera di sacerdoti e volontari, si trasferisce in una comunità
di recupero. Ma vuole solo scappare. Ci riuscirà, rubando dalla cassa
della comunità il necessario a pagarsi falsi documenti per raggiungere il
miraggio del Messico. Ma il tizio che dovrebbe fornirglieli lo deruba, lo
picchia, e lo lascia lì, solo con la decisione di che cosa fare di sé.
Prenderà la via del riscatto o insisterà su quella distruttiva e
autodistruttiva? Tratto da un racconto di Massimo Carlotto, il film
esprime qualcosa di cui il cinema italiano ha bisogno: uno sguardo deciso
e personale. Senza essere un documentario dà la percezione di una verità
sociale e generazionale. Intensi
Valentina Carnelutti e
il protagonista Nicola Adamo. Intorno: veri ospiti di carcere minorile e
comunità. |
Jimmy
e la sua terra, devastata da una raffineria. Jimmy e il suo male di
vivere, contrapposto ai suoi sogni: un viaggio (una fuga) in Messico,
lontano da Dio e dagli uomini che finora lo hanno circondato. I genitori
lo vorrebbero in fabbrica, ma lui - quasi diciottenne - ha una faccia da
cinema e una testa che pensa ad altro. E così, ecco una rapina, che
finisce male, e la galera, che naturalmente è peggio della pur angosciante
prospettiva di una carriera da operaio. Ma in prigione una nuova
opportunità potrebbe affrancarlo da un destino che pare già segnato: una
comunità, un prete non ingombrante e soprattutto una giovane donna dal
passato oscuro e sicuramente avaro di felicità, verso la quale Jimmy,
salito sulla collina di una possibile rinascita, nutre contrastanti
sentimenti. Forse non è amore, forse è solo attrazione. Enrico Pau
conferma il talento di
Pesi leggeri, la sua opera prima mai
distribuita regolarmente. Il suo è uno sguardo cinematografico puro e
colto, mai banale, poetico e sofferto, totalmente svincolato dagli
stereotipi. La cinepresa vola tra Messico e nuvole, confortata dalle
parole del libro di Massimo Carlotto (a cui il film si ispira: lo
scrittore compare alla fine in un importante cameo rivelatore), da una
faccia ben scelta (Nicola Adamo) e da un’attrice che finalmente ha il
ruolo che si merita, vale a dire Valentina Carnelutti, una Claudia che
sottrae alla recitazione il dolore di un’esistenza brutale eppure libera e
vitale. |