In questo mondo libero... (It's a Free World)
Ken Loach - G.B./Ita/Germ/Spa 2007 - 1h 36'

 

Osella per la sceneggiatura (Paul Laverty)

     Sfruttamento creativo. La “solita” storia sociale di Ken Loach apre lo sguardo alle miserie dell’ipocrisia e della prevaricazione del nuovo secolo, quelle legate alla instabilità del lavoro, alla manodopera in nero (ossia principalmente extracomunitaria), della precarietà interinale. Ciò che fa di It’s a Free World… un film “di genere” Loach è l’ennesima immersione nella sofferta conflittualità civile della working class, quello che lo rende straordinariamente vivo è, in primis, la profondità della ricerca sul campo, della documentazione con cui il fido Paul Laverty approccia i problemi e costruisce le sceneggiatura, poi la scorrevolezza con cui Loach testimonia la realtà attraverso la fiction cinematografica, la sicurezza con cui imbriglia il racconto e lascia libertà alla sua protagonista (Kierston Wareing).
Angie, ragazza madre col piglio di chi vuol farsi strada ad ogni costo (compreso quello di trascurare il figlio undicenne, lasciandolo a balia dai nonni), supera lo smacco di uno sbrigativo licenziamento (causa l’inesorabile meccanismo di una mobilità coatta abbinato alla sua “inopportuna” ritrosia di fronte alle avances dei capi) mettendosi in proprio: con l’amica Rose apre una sua agenzia di collocamento, allestisce un alternativo ufficio open-air nel retro di un pub, raccatta proletari immigrati (con o senza permesso di soggiorno), tiene contatti con aziende pronte a bypassare le strettoie sindacali. Il suo metodo di lavoro ha lo stesso suadente aplomb della sua personalità: sorriso aperto, fisico prorompente (il suo modello è Marilyn Monroe), Angie è una donna attraente, dinamica e spavalda. Gira per Londra e dintorni su una Harley Davidson, affronta ogni contratto con intraprendente competenza, sa infondere fiducia nei poveracci, riesce a chiudere contratti vincenti (esentasse!) con ambigui imprenditori.
Che tutto possa filare liscio, tra il cinismo di una flessibilità che arricchisce solo chi tiene le redini del gioco e gli imprevisti buchi di bilancio di affari che troppo si spingono oltre il limite della legalità, è l’utopia aberrante di “un mondo libero”. La forza di questo nuovo lavoro di Ken Loach sta anche nello spiazzante punto di vista con cui cresce la narrazione. Angie è una protagonista in negativo, ma l’urgenza del suo vissuto, la grinta al femminile con cui subisce e fa subire le contraddizioni del presente, tendono a delinearne un’umanità accattivante; ci sentiamo solidali con la sua ansia di una sicurezza, così come ci troviamo spiazzati di fronte alle angherie cui sono sottoposte le nuove classi lavoratrici: che dire quando Angie arriva a mettere sulla strada intere famiglie di extracomunitari, facendo sgomberare una baraccopoli solo per dare alloggio a nuova manodopera abusiva? Se non riusciamo a non angosciarci con lei quando la ritorsione degli sfruttati minaccia la sua incolumità e quella di suo figlio, non è certo un lieto fine quello che la vede di nuovo “sul mercato” a reclutare altri sprovveduti lavoratori. Non possiamo non disapprovare Angie, non possiamo non ammirare Loach.

ezio leoni - La Difesa del Popolo  21 ottobre 2007


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serata cinema Ken Loach - 19 marzo 2008