Iris
- Un amore vero
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OSCAR a Jim Broadbent quale migliore attore non protagonista
da La Stampa (Alessandra Levantesi)
Si intitola Iris dal nome di Iris Murdoch (1919-1999) e più che di una biografia della scrittrice irlandese si tratta di «a memoir», come suggerisce il sottotitolo del libro dedicatole dal marito, il letterato John Bayley, a cui il film si ispira. Nel 1990 la Murdoch accusa i primi segnali dell´Alzheimer e nell´assisterla amorosamente mentre sprofonda poco a poco nelle tenebre, il coniuge trova conforto nell´esercizio stoico e liberatorio del ricordo. A un certo punto, John scrive: «A volte ho un desiderio così forte di rammentare a Iris qualcosa che abbiamo fatto o visto che mi trovo a descrivergliela speranzosamente in ogni dettaglio». Motivato da questa profonda esigenza affettiva, Iris è imbastito su un flusso di flash, momenti, stati d´animo: immagini tra presente e passato che non vanno a rievocare le tappe chiave della vita e della carriera di una autrice di fama internazionale, bensì a comporre il quadro intimista di un intenso rapporto sentimentale nell´arco di quasi mezzo secolo. La cornice è quella di Oxford, nella cui università lei e lui studiarono e poi insegnarono. Nei primi Anni 50 Iris è ardente e imprevedibile come la giovinezza: sessualmente inquieta, bisessuale, si attacca al timido Bayley che la adora da subito, gli dà in lettura i suoi manoscritti, insieme fanno gite in bicicletta, si bagnano nudi nel fiume al ristoro di calde giornate estive, stringono un patto di complicità e d´amore per la vita. La Iris degli Anni 90 è invece decadente nel corpo e nella mente e nel suo volto si leggono paura, smarrimento, una sorta di tranquilla ottusità. La vediamo trascorrere dai sintomi iniziali alla perdita totale di se stessa, con John che dice: «Iris è come un libro chiuso, ma tutto è ancora là». Girato con estrema finezza da sir Richard Eyre, Iris è illuminato da una straordinaria interpretazione. Bisogna vedere con quale adamantina fierezza e senza patetismi, Judi Dench (in corsa per l´Oscar come migliore attrice) interpreta il dramma di una donna che si smarrisce in un limbo dove le parole che per lei erano tutto hanno perso ogni senso. Iris giovane è impersonata con bel piglio da Kate Winslet, candidata di non protagonista al pari di Jim Broadbent, che nel ruolo del marito riesce a non essere da meno di Dame Judi. Il che è tutto dire.
da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro)
Dice il regista Richard Eyre, bella tempra di teatrante, che
Iris, la vita della scrittrice inglese Iris Murdoch, non è né una biografia né una fiction, ma si inserisce nello spazio poetico che c'è tra le due. Commovente perché rimbalza da una cosa vera e tangibile come una malattia, il film si ispira a
Elegia per Iris (Rizzoli), toccante libro di memorie del prof. John Bayley, che fu per 43 anni marito della dublinese Murdoch e la assistette con amore durante gli anni del morbo di Alzheimer, fino alla morte l'8 febbraio 1999. Se è vero che il cinema ha riscoperto la cognizione del dolore e le rimozioni del lutto, Iris parla di morte in modo non retorico,
commovente ma non ricattatorio, alternando spazio e tempo per mostrare anche la giovane Mrs. Murdoch, studentessa in bicicletta nella Oxford anni ' 50, acuta, ribelle, prodiga, bisessuale. Se la scenografia è quanto di più inglese-loseyano si possa immaginare, se la costruzione a incastri temporali tra gioventù e vecchiaia è molto classica, se la vera personalità intellettuale della Murdoch rimane un poco nell'ombra, il regista prende al cuore quando racconta come si dissipa il patrimonio della mente di fronte alla malattia, il rapporto tra pensiero, espressione e linguaggio e quando racconta la quotidianità dell'affetto coniugale. Certo, ci volevano grandi attori ed Eyre li ha trovati, sono tutti e tre pronti all'Oscar: Kate Winslet è piena di entusiasmo, Jim Broadbent ha meravigliose sfumature e gli occhi di Judy Dench che guardano nell'infinito ormai senza più senso, sono uno dei regali più belli del cinema di oggi.
TORRESINO marzo-aprile 2002 - PRIMA VISIONE