Nel
luglio del 1863 il 54° reggimento di fanteria dell'esercito nordista venne
massacrato in un disperato attacco della postazione di Fort Wagner. Quel
reparto, comandato da un giovane ufficiale bianco, era composto da tutti
uomini di colore, volontari del Massachusetts. Con
Glory,
un'epopea nella grande tradizione hollywoodiana, Edward Zwick
(A
proposito della notte scorsa)
ha riscritto una pagina della storia americana e reso omaggio alla
presenza misconosciuta degli uomini di colore, al loro dimenticato
eroismo: "Circa 200.000 neri combatterono con il Nord e più di 37.000
caddero sul campo. La libertà non è stata un dono dei bianchi, bensì una
conquista pagata cara".
Al di là della rivendicazione sociale,
Glory
è da gustare con gli occhi e con le orecchie. Le cruente scene di
battaglia fotografate con lucido realismo, l'enfasi dei gospels che
dominano il commento sonoro sfociano certamente in un'eccessiva retorica,
ma conferiscono al film un'aura di suggestione e di rimandi storici,
peculiari per quegli uomini di gloria: "Bisogna ricordare la ragione
più profonda che anima i soldati neri: la religiosità del vivere e del
morire. Questi sono uomini abituati a ritrovarsi in chiesa, a cantare, ad
affidarsi a Dio. E ne hanno motivo. Se pensiamo alla Corea, al Vietnam,
troviamo che i neri non occupano oggi un posto molto diverso da quello che
occupavano nel 1800: sono sempre carne da cannone".
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