Gente di Roma |
da La Repubblica (Paolo D'Agostini) |
Ettore
Scola tra Zavattini e New York, tra le proprie esperienze "militanti" di
ieri e quelle recenti. Scola che dedica un personale album di brevi e
fulminanti annotazioni alla città che considera in tutto e per tutto sua
anche se non gli ha dato i natali. Una Roma ritratta "pedinando" i suoi
vecchi e nuovi abitanti: sotto l'occhio sornione del regista si mostra al
contempo splendida e oscena, conservata e rinnovata, arricchita da nuovi
flussi e imbastardita dalla diffidenza. Nel film convivono la Roma dei
romani come Scola e Sordi (doveva esserci anche lui) e un'altra Roma che
somiglia, appunto, a New York e alle capitali che prima di essa hanno
conosciuto la mescolanza tra le genti, la convivenza spesso infelice ma
non sempre. Esilarante l'incipit in autobus, un giornalista immigrato
incalza registratore alla mano un passeggero - Valerio Mastandrea:
romanista, coatto, menefreghista ma non cattivo - sulle grandi
problematiche della tolleranza. Ritrattini, episodietti, un va e vieni di
personaggini incalzano componendo un affresco affettuoso e umoristico, non
senza essere venato d'amarezza. Quella dei rimpianti - forse dietro al
graffiante personaggio di Arnoldo Foà si cela un pezzetto dell'animo di
Scola - e quella di chi assiste impotente all'intrecciarsi d'indifferenze
e difficoltà che sembrano insormontabili. Niente lagne, però, Scola è
Scola e non rinuncia al suo tocco: come nel duello all'ultimo schizzo tra
un solerte lavavetri e un automobilista che non ne vuole sapere. |
nel segno di VIDEOPOLIS...
i giovedì del
cinema
invisibile
TORRESINO
febbraio-aprile 2004
PRIMA VISIONE