Sono
molti i registi australiani che dopo essersi messi in evidenza in patria
sono andati verso gli Stati Uniti per dirigere film di budget
hollywoodiano. Tra questi uno dei più talentuosi è Phillip Noyce. Ma le
radici sono forti. Soprattutto per chi, come Noyce, non dimentica che
l'Australia, come la conosciamo oggi, è stata fatta a scapito di chi in
quella terra abitava da sempre: gli aborigeni. In uno dei suoi primi film,
Backroads, Noyce aveva già puntato
l'obiettivo sulla questione. Per questo quando Doris Pilkington lo ha
chiamato per sottoporgli il suo romanzo, Noyce non solo lo ha letto, ma è
tornato in Australia per trasformarlo in film.
Un film che racconta una
vicenda poco nota al grande pubblico. Nei primi decenni del `900, il
governo aveva deciso di preoccuparsi dell'educazione dei meticci, i figli
di bianchi e aborigeni. Per questo aveva allestito un'apposita struttura
che con l'aiuto della polizia aveva il compito di rapirli per deportarli
in collegi dove sarebbero stati cristianamente educati alla civiltà. La
nostra. Doris Pilkington è figlia di Molly Craig e nel romanzo ne racconta
la storia. Nel 1931 Molly, quattordici anni, viene rapita con la sorellina
Daisy di otto e la cuginetta Gracie di dieci. Sono portate in un centro
che dista 1500 miglia dal loro villaggio. Ma Molly, nonostante il rischio
di severe punizioni, decide di tentare la fuga, con le due bimbe al
seguito. Per orientarsi costeggiano il Rabbit Proof Fence (titolo
originale del film) ossia il recinto per fermare i conigli che devastavano
le coltivazioni, un recinto lungo migliaia di
chilometri. La storia del film è la lunga fuga di tre bimbe braccate. E
non si creda che questi rapimenti fossero cose d'altri tempi, il governo
australiano ha seguito questa pratica sino ai primi anni `70. E le vittime
di quell'educazione
mostruosa sono oggi definite generazione rubata. Noyce, con un budget
modesto, ha cercato non tanto di risarcire chi ha subito un'ingiustizia
patente, nessuno potrà restituire anni e vite rubate e stravolte, ma dare
visibilità agli aborigeni, alla loro storia e alla loro cultura. Perché
intorno a quella incredibile fuga c'è una concezione e una conoscenza del
mondo che l'uomo bianco non è riuscito a estirpare nonostante tutte le
violenze commesse in nome della civiltà. Everlyn Sampi, Laura Monaghan,
Tianna Sansbury sono le tre ragazzine protagoniste del film, braccate dal
più grande tra gli attori aborigeni David Gulpilil su ordine di un Kenneth
Branagh magnificamente odioso per un racconto indimenticabile. |