da Il Corriere della sera (Tullio Kezich) |
Snobbato dai critici e ignorato dalla giuria alla Mostra di Venezia, Frida appartiene a quel tipo di film che anziché venir promozionati dai festival ne escono danneggiati. È invece una pellicola di classe, firmata dall'imprevedibile Julie Taymor (quella del Titus post moderno con Hopkins) e interpretato da Salma Hayek, un'attrice con il fuoco dentro che d'ora in poi va tenuta d'occhio. La pittrice messicana Frida Kahlo (1907-1954) fu la compagna (sposata, separata e risposata) del grande muralista Diego Rivera (nel film il bravo Alfredo Molina) ninfa egeria del vecchio Trotzkji alla vigilia del suo assassinio e amante di maschi e femmine: ma soprattutto artistadi talento, la cui esistenza fu contrassegnata da infortuni e dolori senza fine. Anche per la partecipazione di Valeria Golino, Edward Norton (Nelson Rockefeller) e Antonio Banderas (il pittore Siqueiros) il film si gode come uno spettacolo politicamente scorretto, affascinante e caratterizzato da felici sconfinamenti nel grottesco. |
da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
Assieme a Tina Modotti, Frida Kahlo rappresenta una delle figure femminili più affascinanti e in anticipo sui tempi di tutto il secolo scorso. Ed è bello che Salma Hayek se ne sia lasciata sedurre, battendosi fortissimamente per riuscire a produrre-interpretare un film su quella donna eccezionale, Frida. Il compito di raccontare in due ore vita e morte, gioventù, maturità e amori della pittrice è toccato a Julie Taymor, regista intellettuale (Titus) alle prese con il classico film biografico srotolato lungo il corso di decenni, fitto di avvenimenti e di passioni (Frida fu rivoluzionaria in arte e in politica; sposò due volte lo stesso uomo, il pittore Diego Rivera), pieno di nomi altisonanti del '900, da Trotzkij a Siqueiros, da Rockefeller alla Modotti, a Picasso. Ad onta delle ottime intenzioni della brava Salma, il risultato è un classico album di figurine d'epoca (l'autore di Guernica calza il basco e si presenta con un "Piacere, Picasso") dove si ritrovano allineati in dose massiccia i luoghi comuni del genere artista-maledetto: solo chi ha sofferto profondamente nel corpo e nello spirito riesce a esprimere un autentico talento, gli artisti sono tutti avidi di sesso e hanno tendenze promiscue e via repertoriando - inquadrate esattamente nel modo che ci si aspetta. Il tutto raccontato con una fiducia eccessiva nelle informazioni in possesso dello spettatore, tale da rendere gli eventi non sempre comprensibili, infilando qui e là una sequenza quasi sperimentale (vedi l'arrivo di Frida e Diego Rivera a New York) e con un singolare ribaltamento dell'atteggiamento reverenziale tanto comune in questo genere di pellicole: un po' come se la Taymor volesse dare del "tu" ai grandi della Storia... |
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TORRESINO - febbraio 2003 |