L'estate di Davide |
Non è un cinema comico (dei sentimenti e non), non impartisce lezioni morali, non confida in toni epici, eppure quello di Carlo Mazzacurati non delude mai. Storie essenziali che mettono in scena personaggi ordinari in contatto col margine, con la frontiera e dove il lieto fine non è mai assicurato, il tutto maneggiato da una tecnica cinematografica sicura e fluida. Stavolta è il diciannovenne torinese Davide al centro della storia. Alle spalle una famiglia disastrata, una maturità faticosamente raggiunta, una certa introversione e davanti la decisione di passare le vacanze presso gli zii nel Polesine. Qui Davide vive i suoi riti di iniziazione alla vita; conosce l'amore e le sue pene con una ragazza del posto e stringe una sodale amicizia con un giovane bosniaco che si mantiene facendo il barista e spacciando droga. I due bidonano il ricco amante della ragazza di un'ingente quantità di droga che sperano di rivendere in Puglia, ma le cose non funzionano mai come dovrebbero e Davide si ritroverà dinanzi la sua solita vita, ma ora è pronto a fronteggiarla. |
Fabrizio Liberti - Film TV |
Forse in L'estate di Davide si legge più evidentemente che negli ultimi film di Mazzacurati (quelli del ciclo dell'Est, come potremmo definire Un'altra vita, Il toro e Vesna va veloce) un progetto morale, etico, didascalico, anche se il regista applica tutta la sua finezza di tocco a modulare senza forzature le tappe di un'educazione sentimentale proletaria che a ogni svolta può produrre il disastro o la maturazione. Si legge anche con troppa evidenza la visione in controtendenza della campagna e della provincia come sede di una nuova corruzione. Ma l'attenzione di Mazzacurati al mondo marginale è sempre anticonformista, il suo cinema non giudica, il suo modo di raccontare non forza mai in direzione spettacolare, la sua cifra è il pudore, che gli permette di dire tutto e di lasciare il segno. |
Irene Bignardi - La Repubblica |
serata: incontri con il CINEMA ITALIANO - TORRESINO aprile-giugno '99