Vedendo al
lavoro l'attore Choi Min-Sik in
Chihwaseon
il film coreano in concorso a Cannes che è ispirato alla vita e all'arte
di un celebre pittore del XIX secolo, la prima analogia con artisti
occidentali che viene in mente è quella con
Pollock. Non solo perché il pittore
coreano lavora direttamente con il pennello su una superficie stesa sul
pavimento (secondo le tecniche orientali), un po' come si vede dipingere
Pollock nelle fotografie degli anni '50, ma perché l'esistenza di Ohwon -
è il nome del pittore - è interamente dedicata alla pittura quanto
all'alcol, come si capisce dal titolo che viene tradotto con
Ebbro di
donne e di pittura.
Di umili origini e di talento divino, Ohwon possiede gli inconfondibili
tratti del "maudit". Asocialità, attacchi di ira funesta, tendenze
depressive e istinto artistico formidabile. Ha una memoria perfetta, con
la quale riproduce alberi e fiori di noti capolavori figurativi di scuola
cinese e stilizza soggetti tradizionali e scorci naturali, con lirica
essenzialità. In ginocchio di fronte alla carta di riso, impugnando il
pennello in maniera che il palmo "possa contenere un uovo" (è la posizione
tradizionale di questa tecnica pittorica), dipinge e beve furiosamente,
sempre più insoddisfatto della sua opera quanto più la sua fama lo impone
tra i più stimati artisti dell'epoca. La sua vita randagia, il suo
anticonformismo esistenziale, la sua selvaggia passionalità, descrivono
una biografia irregolare e individualista la cui vocazione estetica è
inseparabile da una concezione anarchica e libertaria. Non sorprende
affatto che, nella parte conclusiva, finisca per scontrarsi con le
autorità e per essere coinvolto in un conflitto politico dominato dalle
conseguenze dello scontro tra le politiche espansionistiche della Cina
sulla Corea.
Il regista Im Kwon Taek, che alle spalle qualcosa come 95 titoli di film,
ha buon gioco nell'opporre all'affascinante allusività dell'acquarello del
pittore, delle immagini cinematografiche squadrate, ordinate, illuminate
diffusamente in ogni angolo come cartoline. La pittura è più vicina alla
poesia, sembra dire, il cinema lo è alle pitture parietali, agli affreschi
medioevali, ai murales, ai cartelloni pubblicitari, immagini da produrre a
getto continuo per tenere desta l'attenzione. E difatti, il passo del film
è spedito, la mole di informazioni sul pittore, la sua arte e la sua
epoca, più che abbondanti. Cinema di robusta comunicazione e sano
materialismo, punta tutto sugli splendidi kimono dei personaggi, la
densità umida della tinta e i copricapi della nobiltà coreana le cui forme
geometriche sembrano la copia di solidi tratti da un manuale di geometria. |