Sylvester Stallone, Harvey Keitel, Robert De Niro,
Ray Liotta, Annabella Sciorra... Mangold
si guadagna i gradi di regista
proprio tenendo a bada tutti questi pezzi da novanta e finalizzando le
loro grandi doti interpretative alla costruzione di un poliziesco solido
nell'intreccio e nella caratterizzazione. L'idea originale è appunto
quella di un "Copland", un paese di poliziotti ovvero una cittadina
del New Jersey popolata quasi esclusivamente da agenti della polizia di
New York, che qui hanno comprato casa e messo su famiglia. A comandare
sono le mele marce del dipartimento, gli agenti corrotti, favoriti anche
dal fatto che lo sceriffo del posto è una specie di gigante bonario
e impacciato, sordo da un orecchio, preso in giro dai colleghi più
importanti e furbi di lui. Lo schema è familiare, ma Mangold riesce
a dotarlo del ritmo giusto e delle notazioni adatte (la vita di quartiere
e le riunioni al bar, che scavano nella quotidianità dei poliziotti)
a renderlo credibile e coinvolgente. A suo merito va poi ascritto il fatto
che il personaggio dello sceriffo sia interpretato in modo egregio da Stallone,
alle prese con un ruolo a dir poco antitetico a quelli a cui è abituato.
Far uscire Rocky in pareggio da un match con Keitel e De Niro, è
decisamente impresa non da poco. |