Ci
sono guerre che sembrano non finire mai (ieri in
Incendies quella arabo-israeliana), ci sono conflitti la cui
assurda crudeltà merita di non essere mai messa nel dimenticatoio. È
il pensiero di Danis Tanovic, l’autore di
No Man’s Land, che con
Cirkus Columbia (Giornate degli Autori) costruisce una commedia
dolce-amara, talvolta spiritosa ma in cui la tragedia incombe.
1991, Bosnia-Erzegovina. Il muro di Berlino è caduto (ma “dalla parte
sbagliata” ironizza qualcuno) e così pure il regime comunista. Divko,
fuggito vent’anni prima in Germania. ritorna nel suo paese con gli
“accessori” della rivincita (una Mercedes rosso fiammante, una
fidanzata giovane e sexy – Azra – e un gruzzolo di marchi tedeschi),
un inseparabile gatto-porta fortuna e la voglia di riconquistare
quanto perduto. A partire dalla casa di famiglia. Si affida a suo cugino
Ivanda, ora nuovo sindaco, per sfrattare la moglie Lucija e con
lei il figlio Martin, del qual però vorrebbe riconquistare l’affetto.
Pur se tra contrasti e prevaricazioni personali, sembra che tutto
possa risolversi senza drammi ma l’illusione di un situazione politica
non traumatizzante (“non possono dividere la Bosnia”) dura ben
poco;
già giungono le voci dei primi scontri in Croazia e ritorsioni e
vendette prendono sempre più corpo al villaggio. Non solo: Lucija mal
sopporta i rapporti che Martin comincia ad instaurare col padre e con
Azra, il legame che unisce il ragazzo alla compagna del padre si fa
sempre più confidenziale e affettuoso, Divko perde le staffe (e il
buonsenso) quando non riesce più a trovare il suo gatto. Per
completare il quadro della vicenda bisogna citare anche Savo, che per
anni è stato premuroso sostegno di Lucida e Martin e che ora, quale
ufficiale del distaccamento militare jugoslavo, sente per primo la
minaccia della guerra civile; nonché il figlio di Ivanda, amico di Martin, la cui impulsività giovanile gli fa abbracciare con entusiasmo
il nuovo corso di epurazioni e violenza. Tanti personaggi, tante
sfaccettature di una realtà umana e politica sull’orlo del collasso.
Sarà il positivo evolversi delle dinamiche personali a risolvere la
crisi, almeno in parte. Divko accetta il confronto con Lucija (“tu fai
tutto per ripicca” lo rimbrotta), Azra capisce di sentirsi vicina a
Martin non solo per l’età… Sulla Mercedes rossa Savo, Azra e Martin
proveranno a fuggire lontano dalla polveriera bosniaca, Divko e Lucija
decidono di restare insieme ad affrontare il futuro, abbracciati sui
seggiolini di una giostra, tra rimpianti, sorrisi e un momentaneo
barlume di serenità.
La speranza non è quella di riuscire ad eliminare la guerra, ma di
poterne evitarne almeno le tragiche conseguenze. Di imparare ad
esorcizzarla affidandosi ai presupposti di una comunità di pace,
riscoprendo il valore delle cose semplici e la forza della
solidarietà.
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