Il cielo cade |
da Il Corriere della Sera (Tullio Kezich)
E bello ogni tanto ritrovarsi sulla strada maestra del neorealismo, anche se questa gloriosa etichetta per molti seguaci del «trash» è diventata ormai una brutta parola. Il cielo cade è uninsolita opera prima, felicemente ispirata e rigorosamente professionale, dei gemelli Andrea e Antonio Frazzi, transfughi dallambito del filmati tv. Sullo schermo si sommano ingredienti e suggestioni tipici dell«école italienne»: cè il sangue e lorrore di una tragedia vera (la strage della famiglia di Robert Einstein, cugino del grande fisico, massacrata dai nazisti in Toscana il 3 agosto 44) e cè la sua rielaborazione letteraria (il romanzo autobiografico di Lorenza Mazzetti, Premio Viareggio 62, Sellerio Editore). Il tutto amalgamato in un nitido racconto di coinvolgente impatto emotivo fra echi di Rossellini (considerando anche le presenze di sua figlia Isabella come intensa protagonista) e di Visconti.
da La Stampa (Alessandra Levantesi)
Fra i fondatori del Free Cinema con Lindsay Anderson e regista di unopera prima, Together, premiata a Cannes nel 56, Lorenza Mazzetti scrisse nel 61 lautobiografico «Il cielo cade» (editato da Sellerio) sullonda di ricordi riaffiorati con improvvisa prepotenza. Rimasta orfana di entrambi i genitori, la piccola Lorenza fu affidata con la sorellina alle cure della zia Nina sposata a Robert Einstein, cugino dello scienziato; e accolte come figlie, le due bambine vissero nella villa sui colli fiorentini dei civilissimi parenti una breve stagione di serenità, conclusasi in un massacro a opera delle SS nellagosto 44. Entusiasta del libro, la sceneggiatrice Suso Cecchi dAmico ebbe subito lidea di adattarlo per lo schermo, ma il progetto non andò in porto come spesso succede nel cinema. Oggi che per la regia dei fratelli Andrea e Antonio Frazzi il film è stato realizzato, la prospettiva storica aggiunge alla vicenda un tono di nostalgico epicedio: cera una volta un mondo di valori morali e di bellezza, ora non cè più, travolto e distrutto per sempre. Del romanzo, raccontato in prima persona con i nomi dei protagonisti cambiati, la sceneggiatura recupera la freschezza impressionista con cui sono fissate le immagini di uninfanzia presaga e insieme ignara che il cielo è sul punto di cadere, trascinato giù dallangelo del male (ovvero la guerra e il nazismo): però la narrazione è ricomposta in un quadro di grande sapienza drammaturgica, dove ogni personaggio anche minore acquista una sua fisionomia. Nella cornice di una casa immersa nel verde della campagna toscana che trasuda atmosfera umanistica e umano rispetto (e qui vanno menzionati gli eccellenti apporti del direttore di fotografia Franco Di Giacomo e dello scenografo Mario Garbuglia), Penny-Lorenza (la dotatissima Veronica Niccolai) cerca di dare un senso agli eventi secondo la propria logica infantile, ingigantendo le ombre, ricamando fantasticheria sul Duce buono e il diavolo cattivo e trasformando in occasione di gioco le circostanze gravi finché non scoppia la tragedia. Attraverso il suo sguardo si anima un teatro della memoria che i Frazzi tratteggiano con vivido nitore: la sorellina Baby (Lara Campoli, deliziosa), le cameriere (Barbara Enrichi e Gianna Giachetti, assai brave), il parroco (Bruno Vetti), gli amici di famiglia (fra cui spicca Luciano Virgilio) e, soprattutto, lo straordinario zio ebreo e lamorosa zia che Jeroen Krabbé e Isabella Rossellini incarnano con trepidante sensibilità.
Cantiere Italia cinema Torresino ottobre-dicembre 2000
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