Un soggetto firmato John Le Carré (il
romanzo omonimo è un best-seller mondiale), la regia affidata al
talento australiano di Fred Shepisi (Plenty,
Un grido nella notte), la sceneggiatura
di Tom Stoppard (Leone d'oro a Venezia 90 per
Rosencranz
and Guilderstern Are Dead), come interpreti il vecchio leone Sean
Connery, reduce dal successo di Caccia
a Ottobre Rosso, e la splendente Michelle
Pfeiffer (Lady Hawke, Scarface, Le relazioni
pericolose)...
Le
premesse per una spy-story di grande effetto c'erano tutte, ma ciò
che affascina imprevedibilmente in
Casa Russia è l'emozione
di una glasnost d'immagini che ci avvolge, appassionata e radiosa, grazie
ai sinuosi movimenti di macchina di Shepisi, alla luce abbagliante della
fotografia (Ivan Baker, altra pedina fondamentale!), alla commossa complicità
d'ideali e d'affetti che i protagonisti riescono a comunicare.
Barley Blair (S. Connery) è un editore inglese che, ricevuto uno
sconvolgente manoscritto sulla rete strategica dell'Unione Sovietica, viene
cooptato dai servizi segreti occidentali per una complessa missione oltrecortina.
Ma il contatto russo è Katia, un donna di grande bellezza e sensibilità
(M. Pfeiffer), e Barley è un sentimentale, liberal e "alcolico"...
Da Lisbona a Mosca, da Mosca a Leningrado, gli squarci "turistici"
di Casa Russia sono visioni aperte di un paesaggio che ha una forza
figurativa pari alla tensione d'ideali che sostengono il racconto. Se nel
finale il tempo si fosse fermato, come nel testo di Le Carré, nell'appartamento
portoghese di Blair, in trepida attesa,
La casa Russia avrebbe toccato
la perfezione.
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