Australia
Baz Luhrmann
– USA/Australia
2008
- 2h 45'
|
Australia
di Baz Luhrmann - con Nicole Kidman, Hugh Jackman, David Wenham - racconta
la storia di resistenza e amore di un'aristocratica inglese, nel Nord
d'Australia. Epopea in cui la tenacia trionfa, concepita anche come una
passerella per i due protagonisti, una Kidman a cui l'età sta paurosamente
facendo riacquistare un volto bambino e un Jackman sempre al meglio,
quando rude e primordiale. Luhrmann non si nega nulla che non appaia
fortemente estetico, in senso sia illustrativo sia (un po') deteriore.
Oltre Moulin
Rouge, il suo romanticismo visivo
vive di suoni e di immagini in misura paritaria: tutto fluisce, fra
Shakespeare e Il mago di Oz, tutto è indifferentemente messo di fianco,
senza fare attenzione ad alcun tipo di priorità. Nessun interesse
particolare sulla trama, che però funziona, sorretta da sentimenti che,
letteralmente, esplodono. Molti troveranno il tutto un prodotto biecamente
commerciale: non è esattamente questo, nemmeno, il cinema di Luhrmann. È
piuttosto un eccesso, che si compiace di citazioni alte e basse con un
vigore assoluto. De gustibus, insomma: dipende molto dal vostro palato e
dalla vostra propensione al mélo. |
John Vignola - Il
Mucchio |
Passione,
violenza, guerra, paesaggi grandiosi, bisticci, romanticismo, avventura.
Si capisce che Baz Luhrmann, l'entusiasmante regista australiano, l'autore
originale di
Romeo + Giulietta
di William Shakespeare» e di Moulin Rouge,
ha voluto fare a ogni costo un grosso film popolare, scrupolosamente
ricalcato sul modello di Via col vento: Australia è riuscito, è solido e
ben fatto, ma la banalità lo schiaccia. La storia di una aristocratica
inglese che alla vigilia della seconda guerra mondiale arriva in Australia
per salvare la proprietà ereditata dal marito e ricorre all'aiuto (poi
all'amore) di un rude mandriano, riporta sentimenti e livelli, la cultura,
il conflitto di classe e l'amore a oltre mezzo secolo fa: troppo tardi per
essere contemporaneità, troppo presto per essere Storia. [...] La coppia
di archetipi si muove con sicurezza ed efficacia, come nel vecchio «La
dama e il cowboy»: litigi, contrasti, orgogli, sensualità nello sconfinato
remoto territorio dell'ultima frontiera anche tra le esplosioni dei
bombardamenti giapponesi dopo Pearl Harbor. L'impresa di condurre una
vasta mandria di bovini fino al mare, attraverso la potenza del
territorio, è quella che mette alla prova i protagonisti ampliando il loro
emotivo viaggio interiore.
La banda degli australiani (il regista e la Kidman sono pure coproduttori
del film) non si è privata di nulla: amore di lei senza figli per un
orfano semi-aborigeno, disprezzo di lui per i ricchi oziosi, arroganze,
incontrarsi perdersi e ritrovarsi, smarrimento e ritrovamento del bambino,
rancore di lui verso la società razzista che gli ha impedito di far curare
in ospedale la moglie aborigena portandola alla morte, disprezzo di lei
verso i rozzi ricchi locali.
Australia
si è così dilatato sino a una notevole lunghezza, ideale per chi ama il
genere. |
Lietta Tornabuoni - La
Stampa |
Bellissima
la fotografia: ecco una lode capace di demolire qualsiasi pellicola.
Peccato che sia la prima cosa che viene in mente dopo i titoli di coda di
Australia, con cui l'estremista visionario Baz Luhrmann ambisce a
decuplicare il successo di «Moulin Rouge. Anche in questo caso la
scommessa è imperniata sul carisma di Nicole Kidman, ancora vivido
nonostante s'intravedano sul suo incarnato i segni di qualche intervento
(per noi) superfluo di chirurgia estetica; ma è come se il regista, in
pieno trip titanico, avesse voluto soverchiarlo con una serie infinita di
variazioni, citazioni, ibridazioni, certo congeniali alla propria
vocazione di prestigiatore di immagini, ma a conti fatti dannose per
l'«anima» e la «carne» del suo kolossal. Ed è proprio la pretensione,
soprattutto coloristica (turistica?) che raffredda gli elementi
fondamentali della love story, nonostante il plateale richiamo a
Via col
vento e
La mia Africa. Retorico, ma almeno congruo al presupposto favolistico del racconto, è già l'incipit, col piccolo Nullah che
introduce il punto di vista arcano e primordiale della terra selvaggia
dove sta per sbarcare la britannica Lady Sarah... Alla vigilia della
Seconda Guerra Mondiale la nobildonna è, in effetti, piovuta da un altro
mondo per recuperare il marito e vendere la proprietà di Faraway Downs:
facile immaginare i contrasti che si producono tra la straniera e la rozza
comunità di allevatori, mandriani e indigeni. Improvvisamente vedova e
alle prese con quindicimila capi di bestiame da transumare, la bella tutta
testardi pregiudizi e vezzosi corpetti ha la fortuna d'incontrare il
villoso e virile Drover (Hugh Jackman, niente a che vedere con Gable o con
Redford), prima d'intraprendere una lotta dura senza paura contro il
cattivo latifondista intenzionato a derubarla. Fin qui l'aspetto magari
piacevole da «amore sotto le stelle», poi si passa ai bombardamenti
giapponesi e alla prevaricazione razzista nei confronti del
folletto-narratore: passi per il fumettone allungato e scontato, ma la
moraletta anti-bianchi e anti-inglesi potevano risparmiarsela. |
Valerio Caprara - Il
Mattino |
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