Qual
è il volto del cinema francese anni 90? E' possibile identificarlo con la
raffinata sensibilità di Bertrand Tavernier o con il saggio blaterare delle
commedie morali di Rohmer, o forse il suo vero aspetto è nel filmare nervoso,
trasgressivo ed effettato di giovani autori quali Beineix, Carax?
Il clamore suscitato da
Les
amants du Pont-Neuf,
il suo straordinario successo in patria ed il positivo riscontro
internazionale ridanno attualità al quesito offrendo l'occasione di
confrontarsi con un'opera indiscutibilmente originale, forte di una
passionalità stranita e ridondante, di uno stile esasperato tra introspezione
e gigantismo, di una recitazione al limite del coinvolgimento e
dell'identificazione.
Alex e Michele sono due cuori alla deriva, lui (Denis Lavant) è un saltimbanco
alcolizzato, lei (Juliette Binoche) una pittrice distrutta da una incombente
cecità. Due vagabondi disperati, due barboni che del Pont-Neuf fanno il loro
rifugio sentimentale, il luogo emblematico di un amour fou sconvolgente che
vive di incertezze umorali, di estemporanei entusiasmi e di abbrutenti
solipsismi.
Dalle sequenze iniziali che ci immergono nel mondo perduto dei clochard
parigini con la forza greve del documentario-verità, al fantasmagorico
iperrealismo dei fuochi d'artificio del 14 luglio, dalle sottili citazioni
cinefile (su tutte quella del barcone che rimanda esplicitamente all'Atalante
di Jean Vigo), al fuoco violento del dramma e al "candore" dell'inatteso
finale, i due protagonisti condensano nel melò della fiction le loro
personalità di attori-feticci del cinema di Carax: Juliette Binoche, attrice
colta e riflessiva, è nella vita la sua compagna (e, in questa occasione,
autrice sia dei disegni usati nel film per il suo personaggio, sia del
manifesto pubblicitario dell'edizione francese), Denis Lavant è l'alter ego
del regista, già interprete-Alex dei suoi film precedenti (Boy
Meets Girl,
Rosso sangue),
appassionato e impulsivo, pronto ad immedesimarsi con sofferta disponibilità.
"Io e Juliette abbiamo messo molto cuore in questa storia. E' un film in
cui abbiamo molto creduto e molto investito. Io per entrare nel ruolo del
barbone ho incontrato barboni veri, ho sentito le loro storie. E, soprattutto
nella prima parte della lavorazione, quella svoltasi nel vero Pont-Neuf
parigino, è stato duro immergersi nel ruolo, portarsi a casa la faccia e la
psicologia del clochard... Leos Carax lavora molto a tavolino, prima di girare
controlla minuziosamente i dialoghi e le scene, non lascia nulla al caso. È un
uomo molto esigente, con se stesso e con gli altri. Crede in quello che fa,
cerca di avvicinarsi il più possibile alla realtà e alla sua ricerca artistica
non pone limiti...".
e.l.
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