Amami se hai coraggio (Jeux d'enfants)
Yann Samuell - Francia/Australia 2003 - 1h 33'


sito ufficiale

da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro)

     Grande successo in Francia, Amami se hai il coraggio è una romantica, curiosa, intelligente variazione sui giochi proibiti infantili e la forza del destino. Ne è felicemente responsabile Yann Samuell, che insiste sul famoso dittico amore e morte, perché l' amore è un assoluto naturale che se ne deve fregare del mondo. Il film palleggia e insegue con forte inventiva visiva la storia di due bambini che si giurano eterno amore: lei è un' immigrata, lui orfano di madre, urge capitalizzare le infelicità. Ogni volta che il mondo li divide (Marion Cotillard e Guillame Canet), il destino li riunifica. Il gioco riesce con gran simpatia e cinica dolcezza senza happy end, seguendo la scia delle favole romantiche aperta da Amélie. Effetti speciali di realismo magico (un ossimoro?), colori sgargianti, qualche poeticismo di troppo che rende il film un mix vitale, pop (e stucchevole) le cui radici portano a De Musset e Marivaux: le sorprese d' amore non finiscono.

da La Stampa (Lietta Tornabuoni)

     Soltanto nella morte si può essere certi di amarsi e stare insieme per sempre? Con la musica costante de «La vie en rose», il primo film scritto e diretto da Yann Samuell tra Bruxelles e Liegi, Amami se hai coraggio racconta l’impossibilità (o la malavoglia) di abbandonare davvero il mondo dell’infanzia, e una storia amorosa e inevitabile divisa in periodi: la puerilità, l’adolescenza e giovinezza, il resto.
Dagli otto anni in poi, Julien e Sophie sono amici, complici, innamorati, soda-li che non possono fare a meno l’uno dell’altra, legati da grande affetto ma soprattutto da una rivalità accanita in monellerie e furberie. Nella prima e migliore parte dei film, l’infanzia con le sue visioni fiabesche, per sfidare il loro ambiente convenzionale i due bambini ne fanno di ogni genere: lui che sta per perdere la mamma malata di tumore, toglie il freno al bus scolastico e lo lascia andare senza autista; lei, che è polacca e povera, risponde con parolacce alle domande dell’insegnante. Lui orina nei calzoni mentre il preside tempesta «la disciplina è la base della civiltà», sogna di possedere un harem con schiave e sedute settimanali di tortura; lei canta «La vie en rose» a un funerale. Insieme devastano il pranzo di nozze, prendono a schiaffi gli atleti della scuola. Il resto, giovinezza e altro, è più banale e narrativamente s’affida a volte a espedienti modesti: altri amori, dispetti, batti-becchi, incomprensioni, litigi, perdoni, la conferma che i due non potranno lasciarsi mai, sono raccontati in dialoghi lunghi oppure con accelerate sovrapposizioni di immagini. Andamento disordinato ma non caotico, e interessante. L’amore, risulta, è fatale, ma potrebbe pure trasformarsi in un perverso gioco distruttivo se i protagonisti preferiscono annullarsi piuttosto che accettare una vita tradizionale e dimenticare i sogni, i giochi, le sfide, i capricci dell’infanzia.

i  lunedì del  LUX   ottobre-dicembre 2004

amori estremi
 
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