Le ali della libertà
(The Shawshank Redemption) |
7 nomination OSCAR 1994
da La Voce (Gianni Canova)
Cinema rude, cinema virile. Carcerario, claustrofobico, garantista. Con tutti gli stereotipi del prison movie (l'ergastolano innocente, il direttore aguzzino, il secondino corrotto), ma anche col gusto di mettere in corto circuito le psicologie di personaggi reclusi nel perimetro soffocante di una galera del New England. Tratto da un racconto breve di Stephen King e diretto dallo sceneggiatore del Frankenstein di Branagh, Le ali della libertà mescola gli echi di un classico come L'uomo di Alcatraz con le atmosfere devastanti di Qualcuno volò sul nido del cuculo... Colori freddi, luci metalliche, sentimenti elementari: nel carcere di Frank Darabont Il conte di Montecristo è considerato un testo "didattico" e i poster di Rita Hayworth, Marilyn e Raquel Welch sono il viatico per il mondo dei sogni. "Old fashioned", non c'è dubbio: ma con un respiro epico che avvince ed intriga.
da Sette - suppl. Corriere della sera (Paolo Mereghetti)
A cosa servono Rita, Marilyn e le altre? Ma a sognare (e qualche volta a trovare) una vita migliore. Se non ci credete, andate a vedere l'opera prima dello sceneggiatore Frank Darabont e ve ne convincerete. Si parla di un compìto direttore di banca che, accusato (a torto? a ragione?) dell'assassinio della moglie e del di lei amante, finisce nella trista galera di Shawshank, dove l'unico momento di relax sembra essere la proiezione di film come Gilda. Oltre (quando c'è) la musica di Mozart. Un film carcerario, dunque, con tutti i luoghi canonici di questo sottogenere cinematografico, secondini aguzzini e feroce direttore compreso. Ma che Darabont, da regista che si è fatto le ossa da sceneggiatore, sa utilizzare come elementi di un racconto corale, senza cadere negli eccessi grandguignoleschi a cui ci hanno abituato gli ultimi dieci anni di cinema. Momenti drammatici, personaggi caratteristici e notazioni sociologiche vengono utilizzati non per scioccare, ma per aiutarci ad entrare nell'universo "istituzionalizzato" della prigione, per far avanzare la storia. Che infatti, nonostante le sue due ore e venti minuti non annoia mai. E che può contare anche su un gruppo di attori praticamente perfetti. Diciamolo pure: la nomination conquistata come miglior film non è certo usurpata. Appassionante.