Alla
veneranda età di settantasette anni, Jerzy Skolimowski ha raggiunto
l’invidiabile consapevolezza panteistica dell’artista da anziano. In
questa fase della sua vita e della sua carriera, con cinquantacinque
anni di cinema alle spalle, ogni modo di raccontare tradizionale può
essere messo da parte, e il posto delle storie può essere preso dal
pensiero. Il precedente
Essential Killing
era un film-vettore, senza una vera e propria narrazione, orientato
unicamente all’ostinata e amorale sopravvivenza del protagonista.
11 Minut
va oltre: fa esplodere una delle due variabili fondamentali
manipolate dal cinema, il tempo, facendovi ruotare intorno l’altra,
lo spazio, in maniera vorticosa.
È un pomeriggio qualunque di un giorno qualunque. Un’attrice ad un
colloquio importante con un produttore marpione che vuole portarsela
a letto, un corriere sessuomane e cocainomane, un ambulante in un
giorno importante, un imbianchino che si prende molta libertà nelle
case altrui, un marito ossessionato dall'idea di essere tradito…
Nessuno ha un nome. Intuiamo il passato di qualcuno (l’attrice è
incinta? il corriere è il figlio dell’ambulante?) ma negli undici
minuti del titolo, la stessa porzione dello stesso giorno per tutti
i personaggi, ci è difficile intravederne il futuro, anche se
capiamo subito che alcuni di essi, con le loro storie così appena
abbozzate, potrebbero finire per incontrarsi, o che forse nel
passato si sono conosciuti. Skolimowski però non è realmente
interessato alle dinamiche del caso, se non tangenzialmente. Quello
che gli interessa è esplorare l’enorme vuoto che la macchina cinema
è in grado di mettere in scena sul Tempo, costruendo un discorso
coerente fatto di microelementi che, se finiscono per non collidere
sempre (non tutte le piccole storie hanno una reale conclusione),
sicuramente non si contraddicono mai.
Il rischio di irritare lo spettatore è forte, perché Skolimowski
manda all’aria le convenzioni narrative e conclude l'affastellarsi
di volti e azioni con un finale dove trionfa una apparentemente
banale consequenzialità. Ma come film a tesi, come film-pensiero,
11 minut
è senza dubbio riuscito: ci ricorda in maniera grandiosa, rutilante,
meccanicamente perfetta, quanto superfluo e prezioso possa essere il
tempo che scorre, e fino a che punto sia prezioso e indecifrabile
ciò che in tale intervallo viene prodotto.
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