Nell’anno dell’addio di Carlo Chatrian,
chiamato a Berlino dopo sei anni di impeccabile direzione e successo,
Locarno 71 mantiene fede alla sua tradizione di festival sia
“mainstream” (fa parte, unico svizzero, della serie A dei 14
riconosciuti dalla FIAPF) sia di ricerca e sperimentazione anche
estreme.Trecento i film presentati, 15 in concorso, 18 sotto le stelle
di Piazza Grande (caratteristica questa unica che anche i Festival più
grandi possono solo invidiargli).
Partiamo dal vincitore. Anche se non ci ha
del tutto convinto bisogna riconoscere che A Land Imagined di Yeo Siew Hua (cinese di Singapore), a cui
la giuria ha assegnato il Pardo d’oro,
è un riuscito mélange di film sociale e di denuncia (ambientato tra gli
operai sfruttati e sottopagati provenienti da tutta l’Asia per lavorare
nei cantieri edili della città-stato) e del più classico dei noir, col
poliziotto (buono) Lok alla ricerca dell’operaio scomparso Wang. Film
angoscioso, di incubi, locali notturni, videogiochi, che a poco a poco
scivola in uninteressante esperimento di realismo magico-onirico, coi
due protagonisti, entrambi insonni, che sognano uno dell’altro nonché
di altri mondi possibili, fantastici o immaginati.
Allargando lo sguardo va riconosciuto a Locarno un
panorama variegato e stimolante e se non sono mancate le delusioni (tra
cui Likemeback di Leonardo Seragnoli e Menocchio
di Alberto Fasulo) ci sono alcuni titoli che meritano qui una
segnalazione, a partire da Diane, opera prima dell’americano Kent Jones, classico film indie
(non per niente prodotto da Scorsese) sulle vicissitudini di una
generosa cinquantenne pronta ad aiutare tutti, tra parenti e amiche
sofferenti solitarie o ammalate, e con un figlio tossico insopportabile
egoista. Un road movie che si muove in circoli, sullo sfondo di un
Massachusetts invernale eletto a protagonista e con la straordinaria
l’interpretazione di Mary Kay Place (da premio!).
Un plauso unanime (per molti il miglior film
concorso) va a Gangbyun
Hotel (Hotel By the River),
ulteriore conferma del coreano Hong Sang Soo che fotografa, In un
sontuoso bianco e nero, purissimo come la neve che ammanta il
paesaggio, due vicende parallele si sfiorano senza incrociarsi. Da una
parte il vecchio poeta qui ritiratosi (in cerca di pace o forse in
attesa della morte) riceve la visita controvoglia dei due figli,
rampanti businessman provenienti da Seul, uno appena separato, l’altro
single ma infelice. Nella stanza accanto due amiche di vecchia data
passano qualche giorno assieme per parlarsi, per ritrovarsi (una delle
due è reduce da una cocente delusione amorosa). E sono dialoghi sempre
toccanti e profondi da una parte e dall’altra, sul passare del tempo,
il disgregarsi degli affetti, la necessità della bellezza e del
rapporto col l’altro sesso. Camera fissa, malinconia diffusa, un
piacere degli occhi e della mente.
All’estremo opposto di questo Nirvana molto
orientale, il regista e fotografo inglese Richard Billingham col suo
Ray and
Liz ci precipita nel submondo
del proletariato inglese. Premiato con una “menzione speciale dalla
giuria, il film riprende i temi di certe sue serie fotografiche di
grande successo. Si tratta di un “ritratto di famiglia in un interno“
(la sua sembra tra esserlo anche nella realtà) a dir poco sconcertante.
Dappertutto piatti da lavare, portacenere ricolmi, insetti sulle
pareti, litigi, alcool, rimbrotti, figli abbandonati a se stessi o
dediti a piccoli traffici. Un panorama impietoso ma
estremamente ben reso, difficilmente immaginabile da noi (ma non da chi
abbia una certa confidenza con l’Inghilterra fuori dai circuiti
turistici.). Solo un cenno per Como Fernando Pessoa Salvou Portugal, ulteriore grande-piccolo (26 minuti)
capolavoro di Eugene Green, su un esilarante - inventato of course -
episodio della vita di Fernando Pessoa, perché non si può non dare
riscontro e speciale spazio a La flor
dell’argentino Mariano Llinás. Sarà per questo film monstre (quasi 14
ore) che, in fondo, questo Locarno 71 verrà ricordato. >>
Giovanni Martini
FESTIVAL DI VENEZIA
29 agosto - 8
settembre 2018
Leone
d’Oro: il
miglior film
ROMA di Alfonso Cuarón
Leone
d’Argento: Gran Premio della Giuria
THE FAVOURITE di Yorgos Lanthimos
Leone
d’Argento: migliore regia
THE SISTERS BROTHERS di Jacques Audiard
Coppa
Volpi:
migliore interprete femminile
Olivia Colman nel film THE FAVOURITE
Coppa
Volpi:
migliore interprete maschile
Willem Dafoe nel film AT ETERNITY’S GATE
Premio
per la
Migliore Sceneggiatura
Joel Coen e Ethan Coen per il film
THE BALLAD OF BUSTER SCRUGGS
Premio
Speciale
della Giuria
THE NIGHTINGALE di Jennifer Kent
Premio
M.
Mastroianni - attore emergente
Baykali Ganambarr nel film THE NIGHTINGALE
Leone
del futuro
Premio Opera prima “De Laurentiis”
YOM ADAATOU ZOULI di Soudade Kaadan
Premio
ORIZZONTI - miglior film
MANTA RAY di Phuttiphong Aroonpheng
In fondo bastava la prima settimana di
proiezioni al Festival per individuare vincitori e vinti del concorso
di questa 75 edizione.
Con venerdì erano già stati programmati Roma, La favorita
e La ballata di Buster Scruggs. Domenica è passato in sala
grande The Sister Brothers e poi? Tra i premiati solo il
controverso The Nightingale ha travato spazio tardivo in
calendario, l’attesa per il verdetto della giuria è stato una volta
tanto coerentemente ripagata perché i Leoni non potevano essere
che quelli e Opera senza autore, molto amato dal pubblico ma
non dalla maggior parte della critica, aveva onestamente poche chance
per un riconoscimento artistico da Mostra del Cinema. Anche per Orizzonti
il titolo più chiacchierato era quello che poi si è aggiudicato il
premio e quindi, finalmente, un Festival veneziano che accontenta
tutti? Neanche per sogno: la grande mano di Netflix proprio sul
Leone d’oro di Cuarón ha messo in subbuglio i pasionari della visione
in sala (ci siamo anche noi a dire il vero). Ma occorre non perdere di
vista le problematiche di una realtà distributiva destabilizzata. La
messa in onda sui canali televisivi in concomitanza (?) con l’uscita in
sala sarà davvero un altro passo verso la fine della visione su grande
schermo? Ci potranno essere altre vie di investimento produttivo che
non passino per il network tv? Barbera versus Frémaux. Alla
distanza chi avrà ragione?
Ezio Leoni
Cristina
Menegolli
Licia Miolo
Alessandro
Tognolo
Giovanni
Martini
Valentina
Torresan
M.Cristina
Nascosi
MUSEO
ARCHEOLOGICO DI VENEZIA
maggio - settembre 2018
Una performance che va avanti da anni come un
mantra contro la guerra. È questo il lavoro di Sarah Revoltella che il Museo
Archeologico di Venezia che ha ospitato dall'11 settembre.
Un'istallazione scarna con un allestimento a terra di sei monitor
attorniati dai cocci rotti di armi di ceramica, simili ai resti di ossa
bruciate. E sui monitor l’azione (cominciata nel 2015 a Bassano del
Grappa in occasione dell'apertura delle ricorrenze per il
centenario della Grande Guerra) della performance diffusa ospitata
dalla 57 Biennale d’Arte di Venezia (maggio 2017 presso la Tesa
105 dell''Arsenale Nord). L'azione consisteva in una diretta
streaming che vedeva coinvolti 6 paesi: Italia, USA, Russia, Pakistan,
Turchia e Francia; in ognuna delle capitali agiva un performer che
realizzava simultaneamente la stessa azione. Sarah, con gli schermi
alle spalle che rimandavano le azioni dei vari performer sincronizzati,
agiva a sua volta all'interno dell'Arsenale Nord. I performer partivano
dalla descrizione delle armi di ceramica al pubblico, illustrando con
perizia le particolari carettaristiche letali di ogni pezzo (calibro,
velocità di volata del proiettile, capacità di tiro, contesto di
utilizzo) con un atteggiamento compiaciuto e asettico, quasi da
venditore. Dopodiché i performer prendevano in mano le armi e le
gettava violentemente per terra, facendole deflagrare in mille pezzi
tra lo stupore generale. I frammenti di ceramica venivano poi piantati,
in prati, aiuole o vasi, quali semi e simboli di rinascita.
Il lavoro della Revoltella (ambasciatrice
della Fondazione Pistoletto che sostiene il progetto) parte dal
principio di voler sottrarre terreno alla guerra per ricondurlo al
mondo dell’arte. Come la guerra si impossessa ogni giorno di elementi
legati alla bellezza, basti pensare all'estetica delle divise tanto per
dire, così l'arte deve ingegnarsi per rubare terreno, sottraendo senso
e significato dal mondo dei conflitti. L'arte secondo Sarah deve
riappropriarsi dell'estetica bellica, un’estetica seducente e per molti
versi condivisa nell’immaginario collettivo, per depotenziarne la
simbologia legata al mito della guerra. Le armi sono belle, la ceramica
è fragile, l'azione di rompere qualcosa di bello e fragile crea un cortocircuito nello spettatore
che lo induce a riflettere: appunto su cosa c’è nel mondo di veramente
bello e fragile.
Il 2018 che si avvia verso la conclusione è un anno emblematico che
deve essere soprattutto un momento di riflessione connesso al tema
della fine dei conflitti e in quest'ottica anche l'azione Io
Combatto getta un seme che vuole essere uno stimolo a ragionare
nell’ottica del necessario disarmo internazionale.
2015-18 una ricorrenza per celebrare il
disarmo
un
ricordo di GIANNI DI CAPUA
20 luglio
1959 - 23 settembre 2018
Il 23 Settembre 2018 è mancato improvvisamente
a 59 anni Gianni di Capua,
musicista, regista, autore radiofonico e televisivo.
È difficile dare una definizione completa dei ruoli svolti nel mondo
culturale contemporaneo da di Capua, intellettuale eclettico sempre
attento alla sperimentazione e alla contaminazione dei linguaggi
artistici.
Allievo di Teresa Rampazzi, pioniera della musica elettronica in
Italia, al Conservatorio Pollini di Padova, ebbe la sua prima
affermazione internazionale, conseguendo una menzione d'onore al
Concorso "Luigi Russolo" per giovani compositori di musica
elettroacustica e informatica. E alla sua insegnante e mentore, il
sodalizio con la quale proseguì nel corso degli anni, dedicò una delle
sue prime regie radiofoniche: un ciclo in tre puntate Teresa Rampazzi,
fino all'ultimo suono, andato in onda nel 1993 nella rubrica di
RAI 3
Scatola Sonora.
Diplomato al Conservatorio, ma anche all'Accademia di Belle Arti di
Venezia, di Capua ha voluto misurarsi con i più diversi linguaggi
dell'arte, mantenendo sempre al centro del suo lavoro quell'esigenza di
sperimentare che lo ha caratterizzato sin dai suoi esordi, e che lo ha
portato a conseguire riconoscimenti molto prestigiosi, spaziando dalla
composizione musicale alla regia teatrale, televisiva e radiofonica, al
cinema.
Restringendo il campo a quest'ultima, ricordiamo che nel 2001 ha
riportato in attività il Festival
Internazionale del Documentario d'Arte
e di Biografia
d'Artista di Asolo ed è stato curatore per alcune edizioni
del festival Videopolis.
Ma ciò che ci sembra più interessante sottolineare è come abbia
conciliato queste sue due grandi passioni: il cinema e la musica. Da un
lato ha usato il cinema per parlare di musica, realizzando dei
documentari su Luigi Nono, Carolyn Carlson, Rachmaninov, Wagner,
dall'altro ha usato il cinema per far parlare la musica, in quelli che
lui ha definito “documentari concerti” (Corti
d'Autore. Pensare la musica - cortometraggio
(1995-1997), Io, frammento dal Prometeo
- documentario (1998), Parabola
(1999), A floresta é jovem et cheja de
vida (1999), Risonanze.
Nuove musiche contemporanee (2001) e “film concerti”:
Stock Zone – TakuHon
(1999), Satyricon (2000), Prometeo, tragedia dell’ascolto
(2000), L'ultimo nastro di Krapp
(2001), Medea-opera video
(2002), Zoroastro - Io, Casanova
(2016).
Vogliamo ricordarlo come un uomo amabile, sempre in sintonia con una
tensione propositiva culturale di cui purtroppo sentiremo la mancanza.
Cristina
Menegolli
C'eravamo conosciuti nel ruolo di co-direttori di Videopolis, insieme ad Antonio Riello:
fu,
per un triennio, un'esperienza proficua e stimolante (lui più portato
ai documentari, io decisamente pro fiction), poi ci perdemmo di
vista fino a che due anni fa ci ricontattammo per “reciproco
interesse”. Io sempre in caccia di titoli di qualità per il Lux,
lui attento a individuare sale d'essai per le sue
produzioni-distribuzioni della BLIQfilm.
Arrivarono così al LuxZoroastro. Io, Giacomo Casanova e
Piani paralleli,
entrambi per la regia di Gianni e in entrambe le occasioni fu un
successo sia di presenze sia di pareri positivi del pubblico (dal vivo
in sala e via social).
Non c'erano ora in programma nuovi titoli della BLIQfilm così come non era certo in
programma che Gianni ci lasciasse assolutamente senza preavviso. Ci
mancheranno il tuo spirito arguto e il tuo sorriso prof. Di Capua.
Ezio
Leoni
settembre-dicembre 2018
MANTOVA - INCONTRI DEL CINEMA D'ESSAI
8 - 11 ottobre 2018
Ci confidava un esercente: "Ma perché
scapicollarsi a Berlino e a Cannes, quando qui a Mantova puoi trovare
il meglio dell'essai che verrà distribuito in Italia?" In effetti
le giornate mantovane offrono un panorama quasi esaustivo, certo molto
indicativo di quanto la stagione cinematografica metterà a disposizione
di quelle sale "volonterose" nel proporre al proprio pubblico titoli
non banali, ma stimolanti e, magari, redditizzi al botteghino.
Quasi 30 film in cartellone, quasi
10
quelli battenti bandiera italiana e, per quasi tutti, si spera, una
buona occasione per restare negli occhi e nel taccuino di
programmazione dei gestori presenti. Sugli schermi delle proprie sale
di riferimento il pubblico ben presto troverà i corrispondenti trailer,
ma reduci dall'abbuffata mantovana ci sentiamo di mettere nel nostro
personale carnet almeno 4 segnalazioni.
Cold War
- Pawel Pawlikowski (Polonia) >>
Durante la guerra fredda, tra la Polonia
staliniana e la Parigi bohémienne degli anni ’50, un musicista in cerca
di libertà e una giovane cantante vivono un amore impossibile in
un’epoca impossibile. Romantico e melanconico, Col War ha un ritmo
vorticoso e avvolgente: perfetti regia e montaggio, straordinaria la
colonna sonora. Meritatissimo premio alla regia a Cannes.
distribuzione: Lucky Red
Widows -
Eredità criminale - Steve McQueen
(USA/Gran Bretagna)
Chicago. Criminalià e violenza sono all'ordine del giorno, ma diventano
un vero incubo quotidiano per tre donne che arrivano a conoscersi
quando si ritrovano vedove dopo un colpo andato male. Non avevano nulla
in comune, ora hanno il debito che i rispettivi mariti hanno lasciato
loro... Con una quarta "alleata" dovranno prendere in ano il proprio
destino nelle loro mani e riconfigurarsi che intrepide rapinatrici. Da
una serie televisiva anni '50 un heist movie di classe: straordinarie
le interpreti (Viola Davis e Elizabeth Debicki su tutte), da mozzafiato
la regia di Steve McQueen.
distribuzione: 20th
Century Fox
Museo -
Folle Rapina a Città del Messico -
Alonso Ruizpalacios (Messico)
1985. Pochi mesi dopo il terremoto Città del Messico si sveglia con la
notizia del furto più spettacolare della sua storia, quello di oltre
160 pezzi preispanici al Museo Nazionale di Antropologia. Un crimine
che è visto come un grave insulto per il paese e che lascia spiazzati i
responsabili, due studenti in veterinaria che, affrontato con abilità e
"leggerezza" il colpo, si trovano invischiati in una rocambolesca
avventura per piazzare dei tesori così famosi e riconoscibili. Dalle
rovine Maya di Palenque alle spiagge di Acapulco Alonso Ruizpalacios
(Güeros) rivolge ancora una volta la sua macchina da presa su una
generazione disorientata, senza meta e ideali. Orso d'argento per la
miglior sceneggiatura a Berlino
distribuzione: I Wonder
Friedkin
Uncut - Francesco Zippel (Italia) >>
Una visione introspettiva nella vita e nel percorso artistico di
William Friedkin, regista straordinario e anticonformista di grandi
cult-movie. Friedkin si mette in gioco guidando il pubblico in un
affascinante viaggio attraverso i temi e le storie che maggiormente
hanno influenzato la sua vita e il suo percorso artistico, accompagnato
da un cast “stellare”, voci e testimonianze di amici e collaboratori.
Per cinefili doc.
distribuzione: Wanted
Un'incongruenza
da segnalare
In una macchina organizzativa ormai davvero ben oliata (nella giornata
di chiusura non è mancato il tradizionale convegno: "L'attuazione
delle legge cinema per l'esercizio") non si può dire sia stata
un'idea azzeccata quella di proporre il pacchetto dei trailer
in un unico blocco,
avulso dalle proiezioni nelle sale canoniche (davvero pochi gli
esercenti che hanno rinunciato ai film per frequentare la sala
Virgilio). È vero che inserirli in testa o in coda dei titoli
programmati avrebbe complicato la cadenza degli orari, ma va presa in
considerazione anche la struttura e la quantità dei filmati proposti:
se si definiscono trailerdevono essere tali,
configurati come saranno proposti al pubblico in sala (durata media
sotto i 120 secondi) e non dei mini riassunti che arrivano anche ad una
decina di minuti, magari supportati da slide promozionali con tanto di
suadente voce fuori campo. E poi occorrerebbe una selezione temporale:
solo trailer con data di uscita annunciata o ravvicinata
(qualche mese e poco più). Così ci potrebbero facilmente stare nella
griglia delle proiezioni standard.
E le lungaggini di propaganda di cui sopra? Per quelle sì che si può
pensare ad uno spazio extra, alternativo alle anteprime!