segnalazioni d'arte
di Maria Cristina Nascosi Sandri |
Pietro Bembo
è stato una figura poliedrica nell’Italia del Rinascimento.
Veneziano di nascita, padovano di elezione, di casa nella
Roma dei Papi, egli fu molte cose insieme, e tutte al
massimo grado. Fu poeta, Storiografo e Bibliotecario della
Repubblica Veneta ed il letterato che influenzò in modo
determinante la letteratura rinascimentale. Con Aldo Manuzio rivoluzionò il concetto di libro, curando volumi
di classici di piccolo formato privi di commento, che
potessero essere letti al di fuori delle aule
universitarie. Amò donne bellissime come Lucrezia Borgia,
presso l’internazionale Corte Estense di Ferrara, e cantò
l’amore, non solo platonico, negli Asolani e nei Motti. A
sessantanove anni fu nominato cardinale da Papa Paolo III,
e pose le basi per la leggendaria Biblioteca Vaticana.
Oltre che di Raffaello e Michelangelo fu amico, guida e
protettore di artisti come Giovanni Bellini, Sansovino,
Sebastiano Dal Piombo, Tiziano, Benvenuto Cellini, Valerio
Belli, di cui collezionò e spesso ispirò le opere.
La mostra Pietro Bembo e l'invenzione del Rinascimento
ha
raccontato una parte di questa affascinante esistenza
attraverso i capolavori di Raffaello, Giovanni Bellini e
Tiziano che Bembo collezionò o che, addirittura, vide
creare, spesso contribuendo alla loro ideazione.
Qui, in sede critica, vale la pena di soffermarsi sul
ricco catalogo, edito da Marsilio,che sedimenta gli esiti
del convegno che diede avvio al cantiere della mostra
stessa, nel febbraio 2013. Il volume è strutturato in
quattro parti. Nella prima sezione, Una biografia
culturale, il fuoco è su alcuni momenti caratterizzanti la
vita di Pietro, dall’abbandono di Venezia a favore della
esclusiva scelta per la letteratura alla stagione del
cardinalato. La successiva Bembo e le lettere affronta
aspetti della cultura letteraria di Pietro, dall’eredità
degli studi umanistici del padre Bernardo, al suo rapporto
con i classici greci, latini e volgari, alle relazioni con
alcuni letterati suoi contemporanei. La terza parte, Bembo,
le arti e gli artisti, è dedicata alle numerose relazioni
di Pietro con il mondo dell’arte, spaziando da temi più
generali ad approfondimenti monografici. Infine La
collezione esplora la residenza padovana di Pietro e il
suo celebre contenuto di opere d’arte, antiche e moderne.
La mostra promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di
Padova e Rovigo insieme con il Centro Internazionale
Andrea Palladio e con il patrocinio del Ministero per i
Beni Culturali ed Ambientali, è stata curata da Guido
Beltramini, Davide Gasparotto e Adolfo Tura.
|
|
Fino al 26
maggio scorso, a Palazzo Zabarella di Padova, si è tenuto
un eccezionale evento dedicato a Giuseppe De Nittis
(1846-1884).
120 capolavori provenienti dai più prestigiosi musei e
collezioni pubbliche italiane e francesi componevano il
percorso espositivo della più importante mostra mai
realizzata su uno dei protagonisti assoluti della pittura
dell’Ottocento europeo, un artista pugliese che conobbe la
notorietà a livello internazionale.
La rassegna, curata da Emanuela Angiuli e Fernando
Mazzocca, è stata promossa dalla Fondazione Bano di Padova e
dalla Fondazione Antonveneta, in collaborazione con la
Pinacoteca “Giuseppe De Nittis” di Barletta e ha
rappresentato un’ulteriore tappa del progetto decennale
sulla pittura dell’Ottocento italiano che in passato ha
già rivolto l’attenzione, tra gli altri, ad autori ed –ismi
culturali non troppo ‘visitati’ nelle grandi mostre quali
quella su Hayez, sul ferrarese Giovanni Boldini – forse il
più ‘assimilabile e paragonabile, per la sua arte a De
Nittis – su Telemaco Signorini, sui Macchiaioli, sul
Simbolismo in Italia.
Prendendo avvio da quanto emerso dalla rassegna che, tra
la fine del 2010 e l’inizio del 2011, il Petit Palais di
Parigi ha riservato all’artista, l’iniziativa ha davvero
segnato una svolta negli studi e nella valorizzazione
internazionale del grande pittore, grazie anche al
recupero di lavori non presenti in quella occasione,
alcuni dei quali ignoti alla critica, altri assenti
dall’Italia da molto tempo, come quelli, semplicemente
splendidi, vagamente turneriani, appartenenti al ciclo
delle vedute londinesi.
Le opere provenivano, straordinariamente, dalle maggiori
istituzioni francesi, tra cui il Petit Palais di Parigi,
il Musée Carnevalet di Parigi, il Musée des Beaux-Arts di
Reims e dai più importanti musei e gallerie pubbliche
italiane, oltre, naturalmente, alla Pinacoteca De Nittis
di Barletta, che possiede la straordinaria raccolta di
dipinti rimasti nell’atelier dell’artista dopo la sua
morte precoce.
L’elenco dei prestatori ha potuto contare sull’apporto
della Pinacoteca Provinciale "C. Giaquinto" di Bari, della
Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti di Firenze, delle
Raccolte Frugone di Genova, della Galleria d’Arte Moderna
di Milano, del Museo di Capodimonte di Napoli, della
Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, del Civico
Museo Revoltella - Galleria d'Arte Moderna di Trieste,
della Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca’ Pesaro
di Venezia. Incisivo è stato il contributo di prestigiose
raccolte private, di storici collezionisti di De Nittis,
da cui provengono i dipinti meno noti, capolavori assoluti
riproposti al pubblico in questa occasione autenticamente
unica.
La statura internazionale di De Nittis, il più grande –
come si diceva - insieme con il ferrarese Giovanni Boldini
degli Italiens de Paris, si deve al fatto che ha saputo
reggere il confronto con Manet, Degas e gli Impressionisti
con cui condivise, pur nella diversità della cifra
stilistica, l’aspirazione a rivoluzionare l’idea stessa
della pittura, scardinando una volta per sempre la
gerarchia dei generi, nel raggiungimento di quell’autonomia
dell’arte che sta alla base della modernità.
E come i francesi – e, ancora una volta, come Boldini -
affrontò gli stessi temi: il paesaggio, il ritratto e la
rappresentazione della vita moderna, catturata, com’essi,
nelle strade delle due metropoli che erano in quegli anni
le grandi capitali dell’arte e d i trampolini della
mondanità, Parigi e Londra.
Fan parte di un soggiorno a Napoli (dove ritornò spesso
anche dopo il trasferimento a Parigi), le vedute del
Vesuvio, per lo più tavolette e tele di piccole
dimensioni, che componevano uno straordinario reportage
pittorico, realizzato con un procedimento quasi ‘fotografico’,
senza confronti nella pittura italiana dell'epoca, un
antecedente oltre ogni dire.
L’ottimo catalogo dell’esposizione - pubblicato da
Marsilio Editori - grazie anche alla ricomposizione
attraverso testimonianze eccellenti come le memorie stesse
del pittore ed il famoso Journal dell’amico,
l’enciclopediste Edmond de Goncourt, cronista d’eccezione
della fortuna critica dell’artista, può tuttora
approfondire le ragioni del suo successo nell’ambito del
mercato internazionale dell’arte e del grande
collezionismo, ma anche nella sfera di una mondanità
esclusiva, quando, in virtù del suo fascino e della sua
capacità di intrattenere, la sua casa parigina diventò,
anche grazie all’adorata moglie, il punto d’incontro di
intellettuali ed artisti immensi come Emile Zola, Oscar
Wilde, Alphonse Daudet, Alexandre Dumas figlio, i Goncourt,
Edouard Manet, Edouard Degas. |
|
Pressoché
sincronico péndant alla mostra a Palazzo Zabarella a
Padova su De Nittis va segnalata (e apprezzata)
l’esposizione a Palazzo Roverella di Rovigo su la Maison Goupil, quell’officina di raccolta d’ingegni
dell’epoca dell’Impressionismo e vero istituto di
antesignano management culturale e artistico, considerati
gli anni in cui visse il suo massimo splendore.
Grandi pittori italiani come Corcos, Favretto,
Zandomeneghi, Morelli che, fra gli altri, nella seconda
metà dell’Ottocento operarono a Parigi per l’importante
Galleria di Adolphe Goupil, sono stati esposti per la
prima volta insieme a Rovigo. Tra questi grandi spicca, in
maniera unica, seppur parziale, la statura internazionale
di Giuseppe De Nittis, il più grande insieme con Giovanni
Boldini degli Italiens de Paris. La Mostra, curata da
Paolo Serafini, nasce dallo studio dei materiali
conservati al Musée Goupil di Bordeaux, custode di
migliaia di incisioni e fotografie di opere appartenute
alla Galleria, ed al Paul Getty Research Institute di Los
Angeles che possiede i registri originali di tutti i pezzi
acquistati e venduti dalla Maison. Per la prima volta
questa mostra espone le opere originali accanto ad alcune
delle meravigliose incisioni prodotte dalla Maison stessa
con diverse tecniche e formati (incisione, foto-pittura
dall’originale, fotografia, foto-incisione) nell’intento
di raggiungere la più ampia clientela grazie ad un
prodotto di alta qualità a basso costo, facilmente
collocabile nelle case borghesi del tempo. La Maison
Goupil e l’Italia ricostruisce l’esatta consistenza delle
opere italiane possedute dalla Galleria, testimoniando, al
contempo, il grande successo avuto dai nostri artisti a
Parigi negli anni dell’Impressionismo.
Opere che divennero, grazie all’infaticabile lavoro di
promozione e diffusione della Galleria, immediatamente
popolari e apprezzate da collezionisti, critici e
mercanti, creando e alimentando un gusto collezionistico
di respiro europeo e internazionale, i cui effetti
proseguiranno ben oltre gli inizi del Novecento.
Studiando gli inventari e i documenti custoditi nel Museo
Goupil di Bordeaux e nel Getty Research Institut di Los
Angeles la mostra ricostruisce la reale consistenza delle
opere di circa cento autori italiani, presentando sia le
opere originali sia le incisioni volute dalla stessa
Galleria. Ricostruzione che ha permesso al curatore di
proporre la Suonatrice di lira del ‘nostro’
Giovanni Boldini. Protagonista di rilievo, il grande
Ferrarese, nella storia della Maison: la rassegna gli
dedica una sezione speciale con lavori mai presentati in
pubblico come il Ritratto di Martha Regnier. E sarà
proprio grazie a Goupil che le opere del grande ferrarese
Giovanni Boldini arriveranno negli Stati Uniti, dove le
sue creazioni, ancor oggi, sono tenute in grande
considerazione.
|
|
|
|