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aprile-maggio-giugno |
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n° 23 |
Trieste
è indissolubilmente legata alla transitorietà del passaggio,
dell’occasione, all’instabilità emotiva della non appartenenza
preconfigurata a una terra e una cultura. Trieste, nella sua
predeterminazione geografica, costituisce un limite fisico che spinge al
raffronto con il concetto di limite che inevitabilmente alberga in ognuno
di noi. E per questo Trieste è veicolo fautore e contenitore di visioni
prediletto per tutto quanto si trovi al di là della sua sponda, vòlto
verso oriente. Trieste è spesso un approdo momentaneo, la monetina della
sorte in grado di determinare il destino di qualcuno. E così Trieste è
diventata il momento conclusivo del percorso produttivo del film
East West East
dell’albanese Gjergj Xhuvani. Da qui in poi infatti parte l’esistenza del
film, che è prima di tutto una scommessa produttiva che travalica i
precari confini di una nazione cinematograficamente sconosciuta. Un
progetto che racchiude già nell'idea la possibilità di descrivere un
sentimento comune di crescita e speranza, e di dolore per un passato
ancora vivissimo: “Volevo raccontare di quegli anni non facili il
piacere per l’ingenuità dei miei fratelli albanesi, il loro sconosciuto
eroismo, la flebile voce delle loro ragioni, il disturbo della tenacia che
non si arrende all’ostilità generale, i sogni di scaltrezza,i sorrisi che
illuminano il buio, l’ostico studio di regole nuove, la loro enorme
vogliosa gioiosa fatica di campare”. Gli anni sono quelli dello
sconvolgimento politico che portò al ripristino della democrazia, dal 1990
in poi, anni in cui l’Albania visse un lacerante periodo di povertà nello
stato di totale isolamento dal resto del mondo in cui si trovava. Il film
concretizza quel sogno irrealizzato di fuga da quella realtà da parte di
un gruppo di ciclisti incaricati dal Governo di rappresentare la loro
nazione a una corsa dilettantistica in Francia.
Il vero traguardo sarà poi - come sottolinea il produttore della Fast Rewind Francesco Tagliabue - la distribuzione nelle città del nostro paese, sempre più ostile e diffidente verso l’altro, il nuovo, e sconosciuto, ben rappresentato da tutto ciò che sta al di là dell’Adriatico e del Mediterraneo, e sempre più carente del coraggio di quelle poche sale cinematografiche disposte a rischiare di andare oltre la sicurezza del solito circuito commerciale. Alessandro Tognolo |
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