un commiato
Aldo Peressa (chiesa di San. Benedetto - 24 giugno
2006) |
Mi è stato chiesto - da parte dei familiari - di dire
qualche parola in ricordo di Leonardo Rampazzi. Cercherò di
farlo, conscio della completa mia inadeguatezza
all’importanza e alla solennità del momento e della
persona.
Leonardo è innanzitutto uomo che per la nobiltà del tratto
e per la signorilità dei modi - tanto più in un’epoca di
pessimi nobili e villani costumi - meriterebbe una grande
orazione funebre pronunciata nelle forme più classiche
piuttosto delle modeste espressioni che io sono in grado di
elaborare.
Il suo modo alto, il suo stile colto e semplice insieme nel
proporsi, nell’affrontare le questioni della vita ne hanno
fatto - per me e, penso, per tutti coloro che l’hanno
conosciuto - un esempio di opposizione al luogo comune, una
risorsa alla barbarie della quotidianità.
Leonardo è stato un uomo che ha esercitato nel
modo più ricco e generoso la disciplina della parola e
della parola fatta scrittura.
Molti - e non solo chi per ragioni professionali, i suoi
colleghi, i suoi studenti – hanno saputo apprezzare le sue
doti di conversatore, la sua inesauribile capacità di
risvegliare curiosità e interesse nell’interlocutore, la
sua attitudine maieutica e prodiga di arricchimento
personale.
Con lui si è riproposta quella disciplina del dialogo che
chiamiamo socratica.
Oltre che un educatore Leonardo Rampazzi è stato un
architetto. E io questo aspetto lo voglio sottolineare con
forza perché nella dedizione, nella continua ricerca, nel
continuo lavorio intellettuale e critico che ha regalato a
questa disciplina è stata profusa gran parte della sua vita.
E ciò rende conto di un fatto: che senza amore, senza
disinteressato agire non ci si può prendere cura di una così
alta espressione dell’animo umano.
Come forse qualcuno di voi io sono un uomo smarrito e pieno
di dubbi e di fronte alla morte di Leonardo
mi faccio una domanda: che ne sarà della sua intelligenza,
della sua capacità di penetrazione dei concetti, della sua
abilità ironica e gioiosa di disvelamento dei nessi tra
cose diverse, dell’ansia di proposizione delle sue idee,
della sua sensibilità di dialogo?
Dove andrà a finire tutto questo?
Ecco, non so darmi risposta, ma questo sento che già mi
manca...
Infine,
una sola preghiera: nel corso di questa cerimonia, di questo
rito - vi prego - non applaudite.
Leonardo non l’avrebbe apprezzato. Un uomo educato
all’ascolto, vissuto in un ambiente votato alla musica
saprebbe riconoscere l’alto valore della pausa, l’alto
valore del silenzio, del sereno raccoglimento.
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Leonardo Rampazzi (Vicenza
9/9/1941 - Padova 22/6/2006) dopo la laurea in Architettura a Venezia, ha collaborato con Aldo Rossi e come assistente di Composizione architettonica col prof. Nino Dardi. Successivamente ha assunto la cattedra di Architettura e Discipline geometriche presso il Liceo Artistico di Padova, città in cui risiedeva.
Cresciuto in un ambiente ricco di stimoli culturali (Cage, Nono,
Maderna, Calvino, Montale hanno frequentato la casa della madre Teresa, pioniera della musica elettronica in Italia), all'insegnamento ha sempre affiancato, oltre alla libera professione, un'intensa attività di studio e di ricerca, che, partendo dal suo interesse primario, l'architettura, ha coinvolto altri settori quali la storia dell'arte, il cinema, la musica. Scrittore instancabile e quasi ossessivo, ha collaborato alla rivista
Anfione E Zeto. |