gennaio-febbraio-marzo 2005

bimestrale di cinema, cultura e altro...

n° 12
Reg.1757 (PD 20/08/01)

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  copertina


Elisabetta,
gemma d'Italia

    A volte l’allievo supera il maestro. In questo caso l’allieva. E’ ciò che è accaduto ad Elisabetta Sirani, figlia e discepola di Giovan Andrea Sirani, artista bolognese unanimemente riconosciuta come l’ultima erede della lezione reniana, che nel XVII secolo visse originalmente la sua esistenza di donna intellettuale ed ‘emancipata’, termine anacronistico che ben s’attaglia alla grande personalità della Sirani, anche musicista, ‘attenta’ alla filosofia del tempo.
Imperdibile e splendida la mostra monografica che
Bologna le ha dedicato per la prima volta, al Museo Archeologico, iniziata a dicembre dello scorso anno e in chiusura ad aprile. Dalle molte opere presenti, oltreché dal coté pittorico di tutto riguardo che le accompagna quale naturale corollario, composto da artisti quali Guercino, Guido Reni (l’altro più importante suo maestro), si può evincere il grande amore di lei per la ‘lezione veneta’, anche se ‘dichiarato’ con allegoria_liberalità

citazioni in apparenza a margine: notevoli, infatti, sono i riferimenti a Tiziano e Veronese nemmeno tanto minimali, specie nelle tele più imponenti. Grande e forte è la stesura pittorica di Elisabetta Sirani, collocata tra le femmes fortes del suo tempo, secondo le immagini classiche e bibliche in uso nella letteratura del Seicento in Europa (“…Più forte di un uomo…" come osserva il suo biografo, il canonico Carlo Cesare Malvasia).madonna del latte.jpg
Eppure la dolcezza, la delicatezza del tocco femminile unico, riconoscibilissimo, di Elisabetta Sirani, salta decisamente all’occhio, specie nelle
Maternità: le sue Madonne con Bambino e (anche se non sempre) San Giovannino, colpiscono per davvero.
Solo un punto di vista femmineo, materno, anche se non espressamente ‘di madre’ – non è necessario – riesce a ricreare, come nelle tele della eclettica bolognese, certe espressioni tipicamente infantili dei bimbi che suggono il latte dal seno materno o che guardano, magari angolarmente rispetto alla scena pittorica, l’atteggiamento della Madre, di fronte, in primo piano.
E quanto grande sia l’arte della Sirani, semisconosciuta ancora oggi ai più, nonostante certa fortuna di cui godette nell’Ottocento, lo si può cogliere dalle chine acquarellate monocrome in seppia che provengono, come molte delle opere in mostra, da molti parti d’Europa e persino da collezioni private non note fino ad ora. Una tecnica, quella della china acquarellata che, va detto, l’artista applicò per prima; fu, dunque, una vera innovatrice e sperimentalista per i suoi tempi, precorritrice nella consapevolezza del suo essere Artista-Donna, veramente ante-litteram quant’altre mai

Maria Cristina Nascosicarità, giustizia e temperanza

 

    
Un grande ferrarese a Padova

Maria Cristina Nascosi

luisa casati

   Da gennaio è aperta a Padova, a Palazzo Zabarella , una delle migliori e più complete retrospettive mai tenutesi su Giovanni Boldini, artista ferrarese.  A quarant’anni dall’imponente rassegna allestita nel 1963 al Museo Jacquemart – André, di Parigi, e dopo la recente pubblicazione del catalogo generale dell’operato dell’artista, questo avvenimento offre, al visivo fruitore, un’immagine nuova e più approfondita di uno dei maggiori protagonisti della pittura e del gusto internazionali tra Otto e Novecento e lo fa in maniera sicura, elegante, pregnante e lieve, ad un tempo; tutte cifre sicuramente facenti parte della forma mentis e degli ideali di bellezza di Boldini, in tema, dunque, perfettamente, con i suoi canoni ed intenti d’artista alla moda e, insieme, ‘classico’. Giovanni Boldini era nato a Ferrara il 31 dicembre 1842 e morì a Parigi nel 1931. Nel corso della sua lunga vita fu una delle personalità artistiche del suo tempo più amate, forse anche per la sua esclusiva capacità di ritrarre, attraverso una pittura viva, carica di vitalità e di sensualità, personaggi, luoghi o atmosfere particolari come quella peculiarissima che lo rese famoso e che lo incatenò a sé per sempre, quella della Bella Epoque. Per tutti rimane, infatti, il magnifico interprete di quella stagione unica, come unici furono i suoi protagonisti e, certamente Boldini fu questo, ma non solo: iniziando dalla sperimentale stagione fiorentina dei Macchiaioli, uscì presto da questo ‘seminato’ seppur di ‘lusso’, per volgersi ad una ribalta internazionale, che lo gratificò, in vita, tributandogli enorme successo, grazie ad un talento e ad una genialità artistica e personale davvero irripetibili. Non bello fisicamente, ma, anzi, definito da Diego Martelli uno gnomo che vi inviluppa, vi sbalordisce, vi incanta, Giovanni Boldini era uomo idolatrato dalle donne,
vero tombeur des femmes, elegante e sofisticato.
Dalla enorme produzione pittorica sono state selezionate circa centoventi opere, provenienti dai maggiori musei (la Galleria d’Arte Moderna di Roma, Capodimonte di Napoli, il Musée d’Orsay di Parigi, il Metropolitan Museum di New York, il Philadelphia Museum e collezioni private europee ed americane). Sono i capolavori più significativi di un percorso che lo ha visto partecipe e protagonista di diverse esperienze, dalla giovinezza legata a Firenze ed ai Macchiaioli, come sithe hammock diceva più sopra, alla maturità di un’arte e di una vita trascorse per intero a Parigi, seppur intervallate da frequenti viaggi in Italia, in particolare a Venezia, a Londra, in America. A Parigi, allora capitale riconosciuta unanimemente per le arti,
Boldini mutò il suo pur personale iniziatico linguaggio macchiaiolo, per aderire alla pittura à la mode, condizionata dalle esigenze dei ricchi collezionisti francesi ed americani il cui referente era il potente mercante d’arte Goupil. In questo genere, che prevedeva quadri di piccolo formato dipinti con sapiente virtuosismo, con temi o di vita contemporanea o evocanti la perduta grazia del Settecento, guadagnò fama eplace pigalle ricchezza. Furono il preludio alle opere della maturità, le grandi vedute parigine, quelle di Venezia, le istantanee – veri fotogrammi, letteralmente - del mondo della musica e della danza e, soprattutto, i monumentali ritratti dei maggiori protagonisti della mondanità e della cultura internazionale, aristocratici, ricchi borghesi, scrittori, celebrità dello spettacolo, musicisti (come dimenticare Verdi ritratto da Boldini nel 1886 e per sempre ‘immortalato’ nella ormai perduta cartamoneta da Milleverdi lire? - Pastello criticato da Aldo Palazzeschi che nel 1931 – anno antiboldiniano – scriverà della ‘mondana leggiadrìa’ dell’opera che rende “il virile musicista emiliano (…) un personaggio del teatro di varietà”). 
E questo percorso è, in gran parte, il fil rouge che informa tutta l’esposizione di Palazzo Zabarella: sale che a tema si dipanano mostrando i loro capolavori di grazia, di pennellate nervose, suadenti, poetiche, sicure e virili ed ancora sensuali, quadri pieni di colore e di calore, in cui ‘i bianchi esasperati’, come li definiva Colette, danno, se possibile, ancor più luce a quelle figure flessuose,
piene di càrnea levitas, e vita a quei giardini o a quei salotti –giovane bruna a letto esterni ed interni pervasi di eleganti quanto subliminali afróri - che di sé tutto riempiono, raccontando poeticamente esistenze di un tempo che fu.
Boldini fu realmente orchestratore di sempre nuove sinfonie cromatiche e compositive, basate su accordi riconducibili ad un raffinato repertorio di cose e gesti. Da non perdere neppure e, forse, ancor più, ‘operette’ quali Dalla soffitta a Ferrara, pezzo giovanile, del 1870, in cui arte, poesia ed affetto mai dimenticato ‘di casa’ divengono un tutt’uno imprescindibile per la conoscenza di un grande artista ineguagliabile, per sempre.

 

La mostra, sponsorizzata dal cinquantenario Gruppo La Perla, è stata curata da Jadranka Bentini e Vera Fortunati e promossa dal Comune di Bologna, dall’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico delle Province di Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì, dall’Università di Bologna e con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna.

 

La mostra, che durerà fino al 12 giugno 2005, è promossa da Fondazione Palazzo Zabarella onlus, Comune e Provincia di Padova, in collaborazione con il Museo “Giovanni Boldini” di Ferrara e la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti di Firenze (i curatori della mostra e del catalogo, edito da Marsilio, sono Francesca Dini, Fernando Mazzocca e Carlo Sisi).