Heimat 2

    Era difficile rendere il tormento e il declamare della fine anni '60 senza cadere in una retorica delle immagini e delle parole. Questo dodicesimo episodio parte da una prospettiva marginale per inquadrare l'epoca della contestazione e si aggrappa all'evolversi delle personalità dei protagonisti per evidenziare la dialettica sociale. Stefan e Olga arrivano in Germania Est sul set del film scritto da Reinhard. Olga sembra aver trovato finalmente la sua occasione d'attrice; Stefan, alla soglia della sua grande regia, è assillato da intellettualismo critico che lo induce a stravolgere in chiave politica l'anima passionale della sceneggiatura. Ma la febbre "revisionista" è un tarlo generale ed all'arrivo trova tutta la troupe, capeggiata guarda caso da Helga, impegnata in una rilettura "democratica" del testo secondo un progetto di opera-collettiva che finirà per mettere in crisi tutta la produzione.
Anche a Monaco il privato di Hermann conosce la crisi, quella della frattura coniugale e dell'insoddisfazione artistica. Schnüsschen, che ha cercato la realizzazione personale in velleitari studi di psicologia all'Università, gli ha invaso la casa di sbandati (i letti di casa sono occupati da tossicodipendenti in via di recupero, la polizia fa un'irruzione per arrestare due ricercati politici, e Trixi, anche lei nel giro, si impossessa delle chiavi dell'appartamento per svuotarlo alla prima occasione). Alla ISARFILM il console, entusiasta per l'inventiva di Hermann nel campo pubblicitario ("l'aroma di un suono"), gli regala una tessera ferroviaria e due mesi di ferie per distrarsi ("rida ogni tanto"), ma lui non è in pace con se stesso ("sento che non ho niente da dire") e dopo una definitiva lite con Schnüsschen prende il treno per Berlino spinto da un'improvvisa voglia di partecipare agli eventi ("nell'aria c'era un'irrequietezza incredibile").
L'atmosfera del set diventa emblematica di tutto il campionario, tra ideologie e luoghi comuni, della formula sesso-droga-rock&roll tipica degli anni '60: Kathrin, look da figlia dei fiori e caustico spirito politico, trova tempo per l'amore (lo spaesato Hermann) e per la ferrea logica della contestazione (un'incalzante intervista a Stern, che condensa "le molte parole" della protesta giovanile); Helga che, pur nella gestione collettiva del gruppo deve addossarsi da sola tutte le responsabilità di ragazza madre, sente sulla sua pelle la vacuità di valori non vissuti con coerenza ("il pensiero si insinua nella realtà, ma essa deve insinuarsi nel pensiero"); Rob, che vede naufragare il progetto cinematografico di una vita, focalizza nel suo smarrimento l'amaro evolversi di un cammino comune ("la fine di un'amicizia")
C'è spazio ancora per altri segni politici (di fronte ad uno dei primi attentati terroristi che lacerano la Germania, Helga si sbilancia sull'opportunità della violenza: "c'è sempre una contraddizione") e privati (nelle tappe di Hermann, tornando verso Monaco, c'è una brevissima immagine dedicata alla ARRI, la celebre ditta di apparecchiature cinematografiche), poi il lirismo di
Die zweite Heimat riprende corpo nella narrazione, con Hermann che riabbraccia la piccola Lulù e si isola con lei in montagna, per distaccarsi dal "nazifascismo dei sentimenti" e per ritrovare, lontano dal turbinio "rivoluzionario" ("poi nulla è come prima"), le fila di un'esistenza sradicata.