Jules e Jim

François Truffaut

 

Lo svolgersi, attraverso gli anni e la brusca separazione per la prima guerra mondiale, della lunga storia di amicizia e amore tra due amici e la donna amata da entrambi. Uno dei capolavori di François Truffaut, ancor oggi un film «leggero, puro, aereo» che non si preoccupa di trarre una morale dal comportamento del suoi personaggi… uno struggente canto di liberta e anticonformismo!

 

 

Jules et Jim
[b/n] – Francia 1962 – 1h 50′

Lo svolgersi, attraverso gli anni e la brusca separazione per la prima guerra mondiale, della lunga storia di amicizia e amore tra due amici – un francese, Jim (Henri Serre) e un austriaco, Jules (Oscar Werner) – e la donna amata da entrambi, Catherine (Jeanne Moreau). Tratto dal romanzo omonimo di Henri-Pierre Roche (che lo scrisse all’eta di 75 anni) adattato dal regista e Jean Gruault, e la storia del menage a trois piu celebrato della storia del cinema, raccontata da Truffaut con uno stile raffinato e delicatissimo (il toccante scope in bianco e nero di Raoul Coutard, la musica di Georges De-lerue e la fortunata canzone Le tourhillon cantata dalla stessa Moreau e scritta da Boris Bassiak, che interpreta il terzo uomo della storia, Albert). Il risultato è un film «leggero, puro, aereo» che non si preoccupa di trarre una morale dal comportamento del suoi personaggi… uno struggente canto di liberta e anticonformismo!

Dizionario dei Film (Paolo Mereghetti)

  

…C‘è una canzone nel film, per dichiarazione dello stesso Truffaut, che ne chiarisce il senso più profondo: “On s’est connus, on s’est reconnus, on s’est perdus de vue, on s’est perdu de vue, on s’est retrouvés, on s’est rechauffés, puis on s’est séparés. Chacun pour soi est reparti, dans l’tourbillon de la vie”. Il testo risulta chiaro anche a chi conosce poco o nulla della lingua francese ed è la riprova, qualora ce ne fosse stato bisogno, che ancora una volta e ormai per sempre Truffaut si appropria di un testo letterario per farlo suo al fine di esprimere i propri sentimenti nei confronti della vita, della morte e, soprattutto, di quel misterioso tumulto dell’anima che chiamiamo amore. Il romanzo omonimo di Henri-Pierre Roché scoperto per caso gli offre l’opportunità per guardare dentro il se stesso trentenne grazie a un testo di uno scrittore settantaseienne. Quasi timoroso di esporsi fino in fondo il regista si dichiara come narratore di quelle parti che sarebbe troppo dispendioso (in termini di tempo) mostrare che però non vuole eliminare ma cerca anche una forma che in qualche misura raffreddi il ribollire delle tensioni erotiche sotterranee. Ecco allora che le soluzioni tecniche e, a tratti, la stessa colonna sonora composta da Georges Delerue assumono quasi la valenza di un distacco dalla materia narrata. Truffaut continua la sua indagine sull’animo umano ponendo in primo piano un sentire che avverte come universale e senza tempo quasi isolandolo dalla situazione sociale e storica in cui si va a configurare.
La prima guerra mondiale che divide temporaneamente i tre non è che una sorta di ‘incidente’ sullo sfondo così come il cinegiornale in cui si vedono i nazisti bruciare i libri serve a farli rincontrare e viene liquidato con una battuta (anche se finisce con l’essere l’annuncio (più o meno inconscio) del futuro Fahrenheit 451. Se la canzone sintetizza il tema ciò che visivamente affascina di più del film sono la sequenza marittima (in cui si condensa un complesso microcosmo relazionale) e la corsa. Giustamente omaggiata da Bernardo Bertolucci in The Dreamers ci offre la punta più alta di libertà di espressione dei tre protagonisti ognuno dei quali mostra se stesso senza quei vincoli che la società finisce comunque con l’imporre e a cui, sembra dire Truffaut, si può sfuggire in un solo modo: quello scelto da Catherine nel finale.
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Giancarlo Zappoli – mymovies.it

cinema invisibile TORRESINO gennaio-aprile 2003

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