E la festa continua!

Robert Guédiguian

Rosa è il cuore e l’anima del quartiere popolare nella vecchia Marsiglia. Divide la sua energia strabordante tra la sua famiglia numerosa e il suo lavoro da infermiera. Quando due edifici nel cuore della città crollano portando morte e devastazione Rosa decide di impegnare la sua grande energia a favore dei più svantaggiati, ma all’avvicinarsi della pensione, le sue illusioni cominciano a vacillare… Serviranno la vitalità dei suoi cari e l’incontro con Henri, per rendersi conto che non è mai troppo tardi per realizzare i propri sogni, sia politici che personali.

Et la Fete Continue!
Francia/Italia 2023 (106′)

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   Ci sono registi che usano l’Io per fare film e registi che usano il Noi. Robert Guédiguian usa il Noi perché quando filma, quando pensa ai film che vuole fare (e a quelli che vuole produrre: un’attività che va in parallelo con la regia), quando immagina le storie che potrebbero interessargli, non è mai solo: non ci sono solo le sue ambizioni espressive e il suo mondo d’autore, c’è anche il pubblico a cui vuole rivolgersi, e insieme i temi che vuole affrontare, le realtà che vuole farci conoscere, la lettura morale che vuole farci arrivare. E quando noi vediamo i suoi film sentiamo che non siamo mai soli, che c’è qualcuno al nostro fianco, che ci prende per mano e ci accompagna — non ci guida: condivide la strada con noi — fin dentro lo schermo. Questo senso di familiarità e di «amiconeria» è aumentato dal ritrovare le stesse facce, gli stessi interpreti. Da sempre Guédiguian ha privilegiato il lavoro con un gruppo di attori — in primis la moglie Ariane Ascaride — con cui fosse facile per lui entrare in sintonia, che condividessero i suoi stessi ideali di cinema e il suo approccio alla realtà. Ritrovarli film dopo film trasmette un senso di appartenenza e di coinvolgimento che contribuisce a farci sentire in famiglia, anche noi parte di quel gruppo di amici. Lo spunto per questo E la festa continua! è la tragedia avvenuta a Marsiglia il 5 novembre 2018 quando due caseggiati, fatiscenti e abitati da povere famiglie immigrate, sono crollati causando otto morti: sono le prime immagini del film, recuperate dai documenti dell’epoca. Per reagire a quella tragedia la società civile ha trovato la forza di rialzare la testa e così vediamo come la città si sta preparando alle elezioni del 2020: Alice (Lola Naymark) lavora in un gruppo che si riunisce dentro una chiesa occupata, Rosa (Ariane Ascaride) fa invece l’infermiera e cerca di trasmettere il suo entusiasmo a chi la dovrà sostituire. La prima cerca di organizzare un coro con cui far capire il valore politico di una canzone come «Emmenez-moi» di Aznavour, la seconda si sgola nelle riunioni politiche per far capire ai rappresentati dei partiti di sinistra che devono abbandonare i loro personalismi e unirsi per poter battere il governo di destra che da vent’anni domina nella città. Ma per tutte e due l’impegno pubblico si mescola col privato: Alice è la fidanzata di Sarkis (Robinson Stévenin), il secondogenito di Rosa che vorrebbe costruire una famiglia piena di figli, mentre Rosa ogni tanto deve ospitare il fratello Antonio — «come Gramsci!» — l’ultimo taxista marxista di Marsiglia (Gérard Meylan) sempre alle prese con i problemi del cuore.

Poi, il caso fa incontrare Rosa con Henri (Jean-Pierre Darroussin), libraio in pensione e padre di Alice, e tra loro si accende qualcosa di inaspettato. A chiudere il quadro c’è anche Minas (Grégoire Leprince-Ringuet), medico, fratello maggiore di Sarkis sposato a Paula (Pauline Caupenne). Senza dimenticare naturalmente il gruppo di militanti con cui Alice vuole organizzare una manifestazione pubblica per intitolare al «5 novembre» la piazzetta vicino al luogo della tragedia. Dentro questa rete, Guédiguian (che firma la sceneggiatura con Serge Valletti) tira i fili delle varie storie e dei vari personaggi, ognuno con qualche sorpresa in serbo, ognuno con un’umanità pronta a manifestarsi o a chiedere aiuto. Non ci sono eroi, non ci sono protagonisti ma tanti «comprimari», ognuno pronto a offrire il suo sostegno all’altro. Come andranno le elezioni? Sarà la cronaca a dircelo perché il film si ferma prima, lasciandoci però un monito preciso: «Dobbiamo affermare incessantemente che niente è finito, che tutto comincia». Anche la festa del titolo.

Paolo Mereghetti – corriere.it

  C’è qualcosa di straordinario, oltre che di rassicurante, nel fatto che Robert Guédiguian, il suo cinema, la sua Marsiglia, i suoi attori – Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan, sempre loro – siano ancora lì. E non per questioni di affetto o – peggio – di nostalgia, ma perché sono testimoni di uno sguardo sul contemporaneo e sul mondo di oggi estremamente lucido oltre che, come è sempre stato, ostinato e tenace. Se Guédiguian resta infatti uno dei pochissimi autori europei capace di fare un cinema dai forti tratti personali – che potremmo perfino definire privato se non fosse che quello di “privato” è un concetto lontanissimo dalla sua poetica e mentalità – ma allo stesso tempo dal respiro universale, è perché ha saputo costruire una modalità di racconto che trova proprio nella ripetizione, intesa come variazione sul tema, il proprio senso. E allora guardare Marsiglia, le sue contraddizioni, le sue ferite, i suoi colori e la sua luce attraverso gli anni, significa per il regista guardare qualcosa che contiene una storia più grande – quella della Francia, dell’Europa, del mondo – attraverso una prospettiva vicina a sé e alla propria di storia, che è quella di un uomo, un regista, un intellettuale comunista che come pochi altri riesce a catturare in immagini il presente che lo circonda (…)  Con E la festa continua! Guédiguian muove comunque da un episodio estremamente tragico. Un fatto reale, accaduto a Marsiglia alcuni anni fa, che ha suscitato parecchio clamore in Francia: il crollo degli edifici di rue d’Aubagne (…) legato al degrado, alla mancanza di manutenzione e alla fallimentare politica urbanistica dell’amministrazione comunale (..) Nel solito fitto intrigo di storie, volti, situazioni e personaggi – che rendono, come in ogni suo film, l’ecletticità e la straordinaria vitalità di Marsiglia e della sua gente – Guédiguian sceglie soprattutto un personaggio per racchiudere il senso di tutto: Rosa. Probabilmente uno dei personaggi più autobiografici di tutto il suo cinema, che sembra quasi parlare con la voce del regista e a cui quest’ultimo consegna apertamente tutte le proprie incertezze e le proprie domande (…)

C ’è una riflessione profonda sul proprio ruolo nel mondo e nella società: Rosa che trova l’amore a sessant’anni prova una sorta di inadeguatezza verso i sentimenti e per la prima volta mette in dubbio la propria militanza politica. Non perché vacilli la fede nei vecchi ideali o la passione per Henri non sia sincera, ma perché ella inizia a comprendere e percepire l’esistenza di un piano di negoziazione fra sé e gli altri, fra cuore e mente e fra pubblico e privato, con il quale deve iniziare a fare i conti. E allora riportando tutto all’esperienza autoriale di Guédiguian sembra quasi che il regista – il cui sodalizio artistico e professionale ma anche intimo e spirituale con la moglie Ariane Ascaride è ormai indissolubile – voglia con grande lucidità marcare una distanza. Non con il presente e nemmeno con la necessità dell’impegno e della militanza, ma piuttosto con una realtà che per certi versi non gli appartiene più e che, senza smettere di volerla comprendere e interpretare, preferisce consegnare alle generazioni future. Perché, come evoca il titolo, la festa continua sempre e comunque, a prescindere che noi vi si prenda parte o meno. E allora la Marsiglia umanista e inclusiva che il regista racconta non somiglia più a quella disperata e allo sbando mostrata in Gloria Mundi. Perché Guédiguian preferisce guardare il mondo non per come esso sia, ma per come vorrebbe che fosse, magari ricordando quello che era una volta o come si augura possa diventare. E pur non scordando le grandi e piccole tragedie che succedono ogni giorno – come il crollo dei palazzi di rue d’Aubagne è lì a rammentare – la sua fede in un certo modo di pensare e guardare il mondo e le persone che lo abitano resta incrollabile. Del resto lui la pensa esattamente come Tonio quando parlando con Henri in uno dei loro primi incontri e descrivendo la propria città come una specie di luogo fantastico e idilliaco esclama: «Allora le piace Marsiglia? Non piove mai. Qui sono tutti di sinistra. Niente borghesi, fascisti o razzisti… Solo gente perbene!».

Lorenzo Rossi – cineforum.it

  Il cinema di Guédiguian è un cinema del dettaglio narrativo, in cui il pubblico è privato e viceversa, non solo per quello che riguarda la filosofia di vita dei suoi personaggi. Ma anche nella costruzione di fili narrativi che si intrecciano costantemente, accostando la dimensione sentimentale a quella sociale senza mai farle stridere, o sembrare scollate )(…) Giocando per un attimo a isolare i dettagli dell’ambientazione francese e concentrandosi solo sui dialoghi, non si fa fatica a pensarsi in Italia. O forse, più correttamente, a riconoscere quell’universale difetto della militanza che resta troppo spesso impigliata nelle questioni di lana caprina. Un eterno – e purtroppo sempre attuale – dibattito senza fine, in cui il confronto passa da essere l’anima della politica a ciò che ne decreta la definitiva morte. Quello che seguiamo, insieme a Rosa, è un percorso intimo di riflessione, dai tempi della sua educazione sentimentale e politica, di parte paterna, fino a un presente di stanchezza che porta con sé la domanda: chi me lo fa fare? Non sarebbe dunque meglio pensare solo a sé stessi, salire in macchina con un nuovo amore – quello di Henri – e dimenticare tutto ciò che non si può cambiare? Ma sarà proprio questo inaspettato amore a dare nuova linfa a tutto quello che in fondo Rosa non può – e non vuole – smettere di essere.

Antonia Fama – collettiva.it

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