da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
Si sa che ogni melodramma è una storia d'amore impossibile. Tratto dal romanzo di Janet Fitch, White Oleander è la storia dell'amore impossibile tra una figlia e una madre (impossibile). All'adolescente Astrid Magnussen è toccata in sorte Ingrid, mamma bella e talentuosa ma fissata di essere una superdonna nietzchiana e, insieme, l'ultima erede dei vichinghi. Quando la genitrice ammazza l'amante infedele, la ragazzina è presa in custodia dalle autorità, che la danno in affidamento a tre successive famiglie (nel romanzo erano cinque). Tre bei tipi di mamme affidatarie: un'ex-alcolizzata che spara ad Astrid per gelosia (anche lei); un'attrice bisognosa di dare affetto, ma fragile fino a cadere in frantumi; un'emigrata russa che studia da capitalista. Tra un incidente e l'altro comunque - la storia di formazione della ragazza va avanti, fino a rivelarne la spiccata personalità d'artista. Riferito a una pianta bella e velenosa, il titolo vale come metafora di mamma Ingrid che, pur chiusa tra le mura di un carcere, non rinuncia a fare uso del proprio ascendente per ostacolare l'emancipazione della figlia. Michelle Pfeiffer la interpreta bene, conferendo al personaggio una specie di lucida follia che dimostra quanto l'attrice abbia affinato i propri mezzi interpretativi. Non è niente male neppure il resto del cast; a cominciare dalla giovanissima Alison Lohman, biondina adorabile ma con una cospicua zona oscura... |
da Film Tv (Enrico Magrelli) |
Il libro di Janet Fitch dal quale Peter Kosminsky ha tratto il film é stato sponsorizzato dalla potente star della televisione americano 0phra Winfrey ed é diventato un best seller. Personaggi, intreccio, ferite ulcerate, psicologie "fuori controllo" sono più da soap-opera che da romanzo classico. Questo significa una storia convenzionale e non imprevedibile. Ma il film é ben fatto e ben recitato. Due le traiettorie principali: la prima é il rapporto turbolento e tormentato tra una madre Ingrid (Pfeiffer), sicura di sé, condannata a trent'anni di carcere e una figlia quindicenne Astrid (Lohman) vulnerabile, soggiogata dalla figura materna che idolatra; la seconda é l'impalcatura da melodramma femminile. Il punto focale della vicenda é l'ingresso nella maturità della ragazza che cerca di uscire dal cono d'ombra di un amore che può essere velenoso (come suggerisce il metaforico titolo floreale). Astrid conoscerà altre "madri" (Robin Wright Penn, Renèe Zellweger), altre case e in ogni incontro imparerà altre lezioni, farà i conti con tortuosi scarti emozionali. Nel cast di prim'ordine (una delle caratteristiche godibili del film), Alison Lohman regge in modo ammirevole il confronto con le veterane dello schermo e White Oleander è il suo film. |
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TORRESINO - febbraio 2003 |