La vita di Adele (La vie d'Adèle Chapitre 1 & 2)
Abdellatif Kechiche - Francia 2013 - 2h 59'

Palma d'oro e Premio FIPRESCI a CANNES 66

 Una storia d'amore. Senza aggettivi. Il film che ha conquistato Cannes dura tre ore e racconta la cosa più bella e terribile del mondo. Un amore che nasce, cresce, trionfa, si consuma, si spezza. Uno di quegli amori che potrebbe durare una vita e invece sbatte contro ostacoli eterni e insormontabili. Le differenze di classe e cultura, le mentalità che separano mentre i corpi si attraggono, i diversi modi di stare al mondo che finiscono per allontanare anche gli amanti più appassionati. Anzi le amanti, perché le protagoniste di La vita di Adèle, che comincia un po' dove finiva La classe di Cantet, sono due ragazze, Adèle e Emma appunto. (...) in tre ore di film passano diversi anni e Kechiche osserva le sue due eroine da vicino, molto da vicino, anche quando mangiano e quando fanno l'amore, in lunghe scene più che esplicite. Ma riprese con uno sguardo caldo e pittorico che annulla ogni voyeurismo e sembra confondersi con quello dei personaggi stessi. Rendendo ancora più doloroso il lento lavorio della società contro di loro. Il gruppo delle compagne di scuola - micidiali - che orienta, controlla, giudica Adèle. Il giro artistico degli amici di Emma, così colti, brillanti, educati ma non meno letali. E in mezzo loro due. Ma soprattutto Adèle. Vulnerabile, appassionata, disarmante. Ci voleva un tunisino naturalizzato francese, già autore dei memorabili 'L'esquive', 'Cous cous', 'Vénus noire', per rendere con tanto calore e tanta crudezza l'incanto dei corpi e la crudeltà dell'esclusione sociale che si annida anche nello sguardo sapiente ma dominatore di un'artista. Che è Emma ma anche un po' Kechiche. Artista ma anche e sempre immigrato. E deciso a non farcene dimenticare.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

   È interessante raffrontare La vita di Adele, Palma d'oro allo scorso festival di Cannes, con la graphic novel Il blu è un colore caldo di Julie Maroh (Rizzoli Lizard) cui si ispira: perché, pur in spirito di sostanziale fedeltà, appare evidente con quanta autorevolezza (e autorialità) il regista Abdellatif Kechiche abbia trasformato l'opaco materiale della pagina in cinema palpitante di vita. Con quello stile fenomenologico, «en plein air» anche quando realizzato in interni, che è il marchio del cinema francese da Renoir alla Nouvelle Vague fino agli attuali epigoni. Com'è noto, il film racconta l'iniziazione sentimentale di Adele, una liceale di Lille che scopre la sua femminilità fra le braccia di una ragazza dai capelli tinti di blu. (...) ai fini della storia c'era bisogno di sequenze di sesso tanto insistite e dettagliate? A noi pare che uno stile più sorvegliato e qualche taglio avrebbero giovato, però Kechiche è così, prendere o lasciare. Impegnato a cogliere la vita nel suo fluire, in modo da far dimenticare l'artificio narrativo e senza badare alla durata (179 minuti), se ne resta con l'obiettivo incollato addosso alle sue protagoniste incalzandole in un susseguirsi di primi piani mentre nel trascorrere degli anni fra sguardi, carezze, lacrime e respiri, il loro amore entra in crisi. Sullo schermo la rottura è legata a una differenza di classe e cultura: a casa di Emma si mangiano le ostriche, nella famiglia piccolo borghese di Adele gli spaghetti; Emma è una pittrice chic-bohemien, Adele ama insegnare ai bambini; Emma è viziata ed egocentrica, Adele emana calore e generosità. È un sottotesto alluso con finezza, e tuttavia il bello (e, volendo, il limite) del film resta quello della sua impressionistica, naturalistica pregnanza formale.

Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa

   Le qualità visive, il cinema. Il blu presente in ogni inquadratura (all'origine c'è una graphic novel di Julie Maroh intitolata Il blu è un colore caldo) è un vezzo. Notevole la visualizzazione del sogno di Adele ancora incosciente e alla vigilia di tutto. Più interessante è la forza di cui sono portatrici le due interpreti (che a posteriori si sono risentite con il regista prevaricatore, riproponendo in piccolo la dolorosa polemica Schneider-Bertolucci) sobbarcandosi un compito che per un verso o per l'altro contiene qualcosa di sgradevole. Emma (un po' mostro) nella spaventosa scenata di gelosia a tolleranza zero verso il tradimento con un maschio. E soprattutto Adele (un po' piattola) incapace di dominare, sia pur con un velo di vergogna e di sdoppiamento di sé, un istinto onnivoro che si celebra nel sesso ma anche nel piacere del cibo. Ma alla fine lo zoccolo duro del film risiede nel suo valore di costume, di per sé non artisticamente duraturo, tipo il primo seno scoperto di Hedy Lamarr. Quello di una prima volta. Prima rappresentazione ravvicinata di un tipo di sessualità rimasta cinematograficamente tabù, primo mostrare senza ellissi un incontro d'amore tra donne. Non uno ma quattro (più il sogno), tempo reale. Per un'irragionevole durata di tre ore. 'Da vedere' perché vincitore del più importante festival del mondo. Ma con tanti dubbi.

Paolo D'Agostini - La Repubblica



promo

La 15enne Adèle sogna di trovare l'amore della sua vita. Quando incontra Thomas, un affascinante sconosciuto che si innamora di lei all'istante, il suo sogno sembra essersi avverato. Tuttavia, la serenità del loro rapporto potrebbe essere minata dalla fantasticherie erotiche di Adèle su una misteriosa ragazza dai capelli blu che ha incontrato per strada. E quando la bellissima e sensuale ragazza riappare e le si avvicina Adèle si lascierà travolgere dal suo febbrile, caotico e passionale sentimento... Ci voleva un tunisino naturalizzato francese per rendere con tanto calore e tanta crudezza l'incanto dei corpi e la crudeltà dell'esclusione sociale. Impegnato a cogliere la vita nel suo fluire, in modo da far dimenticare l'artificio narrativo e senza badare alla durata, Kechiche se ne resta con l'obiettivo incollato addosso alle sue protagoniste incalzandole in un susseguirsi di primi piani mentre nel trascorrere degli anni fra sguardi, carezze, lacrime e respiri, il loro amore entra in crisi. Un film aperto ad abbracciare la vita, un commovente melodramma naturalista.