Un bel documentario quello dedicato a Vera von Lehndorff, in arte
Veruschka, la prima modella ad assurgere a fama internazionale. Aveva
iniziato la carriera giovanissima: figlia di genitori perseguitati dal
regime nazista, soffrì tantissimo, ma il suo lavoro nato a poco a poco
in sordina, poi di sempre maggior e crescente successo, tanto da farla
apparire su tutte le copertine dei periodici internazionali più di
prestigio, da Vogue a Time a Stern, fece di lei l’archetipo della
modella per eccellenza.
Il documentario – condotto da lei, alternativamente viva presenza,
reale filo conduttore e voce fuori campo – ripercorre la sua carriera
dagli inizi, dalla fine degli studi al suo rapido divenire modella,
feticcio ante litteram di se stessa e dell’arte moderno/contemporanea
e, al contempo, celebrità tra le più note ed originali dell’epoca.
Ebbe due fortune, fondamentalmente. La prima quella di aver avuto
rapporti con artisti quali Salvator Dalì e Michelangelo Antonioni,
mostri sacri del suo tempo. Il surrealista Dalì la rese, a soli
vent’anni, una scultura vivente, spalmandola di schiuma, e, insieme
con la moglie e musa Gala, la lanciò nel firmamento dei vip di allora.
Il grande Michelangelo la fece recitare in
Blow up, il
film cult del del 1966 che immortalava il mondo della swinging London.
La seconda fortuna di Veruschka furono la sua cultura e la sua
intelligenza, la sua intuizione e la sua lungimiranza: lei stessa
contribuì a fare del suo corpo una scultura totale, duttile,
malleabile, adattabile a situazioni, climi, opere d’arte, fotografie
di moda: i periodici femminili (e non solo) degli anni Sessanta e
Settanta (anche italiani come Amica) erano pieni di questa commistione
d’arte e moda "d'avanguardia". Servizi fotografici creati dai mostri
sacri della fotografia come Helmut Newton e Tazio Secchiarelli
riempirono la vita e i pettegolezzi di quegli anni con interviste a
non finire su Veruschka, sul suo privato, persino sulla sua fede.
Tutte queste testimonianze, di un mondo che ha subito da allora
inesorabili cambiamenti (si può ancora parlare di cultura nel mondo
dell’Arte o in quello della Moda?), vengono riportate coralmente nel
testo filmico di Morrissey e Böhm, meritevole proprio per saper
farle rivivere attraverso lo sguardo intenso e diretto di Verushka
che, con il passare degli anni, sembra aver raggiunto una propria
identità ancora "più piena": quella che appare sullo schermo è
l'immagine di un' artista ormai indipendente che riflette, in una
sorta di ellissi vitale, le sue esperienze di vita nella ‘sua’ arte di
oggi.
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