Ulidi piccola mia
Mateo Zoni - Italia 2011 - 1h 7'
- opera prima -

  “L’idea del film è nata da uno spettacolo teatrale che non ho visto, ma che mi è stato raccontato. Nella pièce, Paola, la giovane protagonista del mio film, canta una poesia di Mariangela Gualtieri: Giuro che io salverò la delicatezza mia. Quando me l’hanno presentata, mi ha coinvolto subito quel suo sguardo attraente nel quale è bello perdersi. Ulidi piccola mia è un film sulla delicatezza, che penso sia in assoluto il sentimento più trasgressivo. Il più scandaloso e forse il più rivoluzionario. Per questo vorrei che le immagini avessero sul pubblico un effetto quasi fisico: come una stretta confortante, un’energia sprigionata che infondesse coraggio”.

Mateo Zoni

  Paola sta per compiere 18 anni e negli ultimi quattro è stata ospite in una comunità lontana dalla famiglia. Fa ritorno a casa solo per brevi periodi. Figlia di un contadino emiliano e di una donna marocchina è cresciuta tra due culture. Ora deve cominciare a guardare al suo futuro che vorrebbe felice.
“Giuro che io salverò la delicatezza mia / la delicatezza del poco e del niente / del poco poco, salverò il poco e il niente / il colore sfumato, l'ombra piccola / l'impercettibile che viene alla luce / il seme dentro il seme, il niente dentro/ quel seme. Perché da quel niente/ nasce ogni frutto. Da quel niente/ tutto viene". Con questi versi di Mariangela Gualtieri (da
Giuro per i miei denti da latte nel libro Senza polvere, senza peso edito da Einaudi) trasformati in canto si apre un film che prende spunto da uno spettacolo teatrale per affondare lo sguardo in una realtà che va sfiorata con la leggerezza di un battito di ciglia.
Mateo Zoni sa come posizionare una telecamera che sia capace di svelare non dimenticando mai il rispetto per i soggetti ripresi. Perché Paola, la giovane protagonista, sta compiendo un percorso di recupero da una profonda depressione. Ogni minimo ostacolo rischia di farla arretrare in maniera pericolosa. Zoni ce la rivela sapendo attendere. Lo spettatore non ha alcuna informazione preliminare su di lei e sulle sue compagne di comunità. Non ci sono cartelli esplicativi né voci off a descriverci dove la ragazza si trovi o perché sia lì.
Sarà lei, con il suo volto capace di illuminarsi e di rabbuiarsi nell'arco di tempo di pochi secondi, ad aprirci (con la delicatezza di cui sopra ma anche con scatti di ribellione adolescenziale) le porte della sua storia e a farci comprendere cosa stava alla base del suo autolesionismo (che talvolta tuttora riemerge). È un'Ulidi (che in Marocco significa ‘piccola mia') che necessita di cure come una pianta fragile ma che non ha rinunciato a cercare di affondare le radici in un terreno più solido di quello che le è toccato in sorte. In un'epoca di pessimismo cosmico opere come questa ci ricordano che una luce in fondo ai tunnel individuali può esserci e può essere raggiunta. Senza happy-end posticci ma anche senza arrendersi a priori a una comoda (per chi non vive i problemi) ineluttabilità.

Giancarlo Zappoli - mymovies.it

  La prima, vera scommessa del concorso al Torino Film Festival, è per un film italiano, Ulidi piccola mia di Mateo Zoni, specie di anomalo documentario su una comunità famiglia del parmense e sulle sue tre ospiti. Su una soprattutto, la diciottenne Paola, che ha tentato due volte il suicidio e quando è depressa cerca di ferirsi con quello che trova. Anche se scopriremo che molto è conseguenza di una violenza infantile oltre che di una famiglia non facile (una madre marocchina iperprotettiva, un padre italiano, anziano e debitore di una cultura contadina arcaica), il film di Zoni non vuole essere un documento sociologico o un’inchiesta sui disturbi adolescenziali: cerca piuttosto di registrare la vitalità spesso debordante di Paola (e delle sue coinquiline Giada e Marcella) per restituirci un ritratto umano e non patologico. Nonostante l’ambiguità del punto di partenza (le ragazze sanno di essere riprese ma sembrano non aver perso né spontaneità né sincerità), il film non dà mai l’impressione di voler raccontare una storia «dal buco della serratura», piuttosto a volte sembra che la regia non sappia controllare fino in fondo la materia e finisca per farsi «guidare» dagli accadimenti invece del contrario.

Paolo Mereghetti -  Il Corriere della Sera

  Non è un refuso, il suo nome si scrive proprio così: Mateo, con una sola «t». Di cognome fa Zoni, di nascita è parmigiano, ed è suo il primo dei due italiani a passare in concorso al Torino Film Festival: Ulidi piccola mia, opera prima prodotta dalla Indigo Film di Paolo Sorrentino e da Solares Fondazione delle Arti.
La protagonista del film è una ragazza che sta per compiere diciotto anni. La sua «malattia» dura da quattro anni, tutti trascorsi lontano dalla famiglia, in comunità. Non può e non vuole tornare a casa. E’ figlia di una madre musulmana e di un padre contadino che ha accumulato, in poco più di cinquant’anni, ottomila volumi di scienze naturali, ammucchiandoli nel fienile: è una «piccola anima», imprigionata tra due culture che dopo anni di sofferenza sta cominciando a vivere.
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Ulidi piccola mia - dichiara Zoni, che è anche sceneggiatore - è un film sulla delicatezza, che penso sia l’atteggiamento più trasgressivo in assoluto, il più scandaloso e forse il più rivoluzionario. Per questo vorrei che le immagini avessero sul pubblico un effetto quasi fisico: come una stretta confortante, un’energia sprigionata che infonda coraggio. Vorrei che avesse il potere di non far sentire le persone sole, almeno per tutti i suoi settanta minuti [...] Ho scelto tutti attori non professionisti che interpretano loro stessi (Paola Pugnetti, Giada Meraglia, Marcella Diena, Eleonora Deidda, Marco Romeo e Laura Polito), ma questo non è un documentario: è un film vero e proprio, che parte dalla realtà e da storie vere, per diventare finzione».
Girato un anno e mezzo fa tra Parma, Fidenza e Salsomaggiore,
Ulidi piccola mia è liberamente tratto da
Fuga dalla follia - Viaggio attraverso la Legge Basaglia di Maria Zirilli, pubblicato da Mup Editore.

Gianluigi Negri - La Gazzetta di Parma

promo

Paola sta per compiere 18 anni e negli ultimi quattro è stata ospite in una comunità lontana dalla famiglia. Fa ritorno a casa solo per brevi periodi. Figlia di un contadino emiliano e di una donna marocchina è cresciuta tra due culture. Ora deve cominciare a guardare al suo futuro che vorrebbe felice... Al suo primo lungometraggio, dopo aver lavorato per la Rai come documentarista e dopo vari cortometraggi, Mateo Zoni realizza un'opera ove pudore e invadenza si confondono e in cui i protagonisti sembrano lasciati liberi di essere se stessi. È forse proprio questa la capacità migliore dell'esordiente regista: attraversare la quotidianità, scandendo gli attimi di calma e le difficoltà del vivere. In un'epoca di pessimismo cosmico opere come questa ci ricordano che una luce in fondo ai tunnel individuali può esserci e può essere raggiunta.

cinélite giardino BARBARIGO: giugno-agosto 2012

INCONTRI CON L'AUTORE - venerdì 27 luglio - PRIMA VISIONE

sarà presente alla proiezione il regista Mateo Zoni