Il
rosso e il bianco sono i colori dominanti di
Sympathy For Lady Vengeance,
il film di Park Chan Wook che conclude la trilogia della vendetta dopo
Sympathy for Mr.
Vengeance e Old Boy. <<
Sul bellissimo manifesto del film, che riproduce la grafica dei
santini, la protagonista Lee Young-ae, in posa ieratica da madonna
piangente, spicca col bianco del volto, delle mani e dell’abito,
circondata da un’aureola fosforescente, su uno sfondo rosso sangue.
Rosso è l’inchiostro da tatuaggi che cola su una pelle bianchissima
durante lo scorrere dei titoli di testa.
Bianco come purezza e redenzione, rosso come violenza e vendetta.
Bianco è il panetto di tofu che alcuni devoti offrono alla
protagonista all’uscita dal carcere, per consacrare la recuperata
purezza, e che viene però bruscamente rifiutato dalla stessa nella
sequenza di apertura del film. Molto sangue dovrà essere versato per
arrivare a questo rito di purificazione simbolica e infatti l’eroina
abbandona delusi i suoi sostenitori e si avvia sulla strada della
vendetta.
Ingiustamente accusata di un delitto infamante, l’infanticidio, la
bella Geum-ja, esce dopo tredici anni di prigione, dove per la condotta
quasi da santa si è guadagnata il soprannome di Geum-ja “cuore
gentile”, e si mette alla ricerca del vero responsabile di quell’omicidio
e anche di quelli di altri bambini. Aiutata nella sua caccia da
alcune ex compagne di carcere, Geum-ja si trasforma da vittima a carnefice
e coinvolge i genitori dei bambini
uccisi in un rito collettivo di vendetta alla Durrenmatt. Solo dopo
aver eliminato il rosso del tanto sangue versato, potrà offrire, non a
se stessa, ma alla figlia il tofu bianco.
La duplice vendetta è
compiuta: quella personale, per aver dovuto scontare il carcere per un
delitto non commesso e quella sociale per vendicare i bambini uccisi
dal pedofilo.
Lo schema narrativo del film è simile a quello dei due film
precedenti: rapimento – prigionia – vendetta personale ed
efferatissima, il ritmo è coinvolgente e la fotografia bellissima, ma
la "dolce" Geum-ja, spietato angelo vendicatore, non riesce ad avere
il fascino malinconico e crepuscolare di Old Boy, così come non sa trasmettere ai cinefili la passione coinvolgente di un’altra grande
eroina della vendetta: la Jeanne Moreau del bellissimo
La sposa in
nero
di Truffaut (dal romanzo di Woolrich!) e nel complesso il film appare
meno compatto e rigoroso dei precedenti, forse perché il finale di
speranza incarnato dalla figlia appare troppo in contrasto con il
mondo spietato e violento che la trilogia rappresenta. Ma il regista
ha affermato: "Questo è il capitolo conclusivo della trilogia, non
volevo concluderlo in maniera troppo violenta e gravida di odio. Vi
sorprenderà…"
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