Slam
di Marc Levin - USA 1998 - 1h 40'
[opera prima]

da La Repubblica (Roberto Nepoti)

Si è guadagnato un medagliere prestigioso Slam, debutto nel lungometraggio di fiction del documentarista Marc Levin: premio della giuria al Sundance Film Festival, Caméra d'Or a Cannes, primo premio al Noir di Courmayeur. E lo ha meritato perché, con l'eccezione di un'ultima parte un po' troppo edificante, è un film civilissimo, pieno di energia, che riesce a far convivere uno stile scabro da cinema-verità con alcune forti emozioni prodotte dal racconto. Che è quello della discesa agli inferi di Raymond Joshua, giovane che vive in un quartiere del ghetto nero di Washington spacciando un po' di foglie d'erba e componendo slam (sconosciuto dalle nostre parti, lo slam è una forma di poesia basata su un flusso continuo di parole, a cavallo tra il rap, il flusso di coscienza e la libera associazione).
Quando un suo amico dealer viene abbattuto a colpi di pistola, Ray finisce in carcere: la condanna riguarda solo la detenzione di marijuana, però ragioni elettorali esigono che sia esemplare. Nell'universo della forza bruta, il poeta pacifista è premuto dalle diverse gang in guerra permanente. Rifiutare di schierarsi potrebbe costargli la vita; ma, in una sequenza di grande intensità drammatica, Ray contrappone alla violenza fisica la violenza lirica e lacerata dei suoi versi, con un effetto-sorpresa che fa breccia nella scorza dei duri carcerati. Il ragazzo si conquista anche l'amore di Lauren, giovane donna che insegna a scrivere ai detenuti analfabeti; ma, alla fine del film, la sua storia di riscatto è appena all'inizio e Levin ci fa intendere che sarà lunga e dolorosa.
Elegante nei gesti e ispirato nelle parole, Saul Williams-Joshua porta in qualche misura sullo schermo se stesso, essendo uno degli esponenti più significativi della poesia "off" americana d'oggi. L'intreccio tra vita e finzione contribuisce al senso di autenticità di un film dove tutto appare molto vero, dai degradati quartieri suburbani di una capitale che ama apparire sotto ben altra immagine, agli interni carcerari, molto meno convenzionali della media cinematografica. Slam non è un film comune: consigliarlo, uso antidoto contro l'overdose degli artifici hollywoodiani, ci sembra quasi doveroso.

rassegna: cinema invisibile - TORRESINO aprile-giugno '99