Dopo
Bacalaureat
restiamo in Romania, a quel Cristi Puiu che ci aveva dato un altro
gioiello del nuovo realismo rumeno, La morte del signor Lazarescu,
vincitore nel 2005 della sezione Un certain regard. Al di là del
titolo incongruente,
Sieranevada (in un’intervista il regista ha
dichiarato: “perché va bene in tutte le lingue e rimane in mente”) il
film parla di una famiglia che, secondo la tradizione popolare rumena,
si riunisce dopo quaranta giorni per commemorare la morte del
patriarca. Al rito, officiato dalla vedova, sono invitate 16 persone,
mogli, figli, nipoti e relative consorti. Ci saranno un pranzo,
l’intervento del pope, il dispiegarsi come in ogni riunione familiare
di litigi, ripicche, segreti svelati. Ci sono discorsi assurdi (Tarantino
docet): il litigio tra marito e moglie sul comprare o no alla figlia
il completino da principessa di Disney, la teoria complottistica sul
9/11, una zia fortemente pro Ceaucescu (forse allora si stava meglio?)
e la nipote che invece dei comunisti non vuole più sentir parlare,
un’altra nipote ancora reduce dalla discoteca che porta a casa l’amica
croata sull’orlo del coma etilico; ci sono strane usanze come quella
del nipote prediletto che deve indossare il vestito dello scomparso.
Difficile stare dietro a tutte le storie, ma il quadro d’insieme è
chiaro: una società frammentata, sfilacciata, vincolata al passato ma
desiderosa di tuffarsi in un futuro, rappresentato dall’America molto
più che l’Europa. |
Giovanni Martini - agosto 2016 - pubblicato su MCmagazine 40 |