La settima stanza
(La septième demeure ) |
da La Repubblica (Roberto Nepoti)
Questa parabola esemplare, costruita su un'esistenza
autentica particolarmente congeniale alla poetica di Marta Meszaros, merita
parecchia attenzione e molto rispetto. E' la storia di Edith Stein, filosofa
ebrea (fu allieva e assistente di Husserl) convertita al cattolicesimo,
che si fece suora carmelitana col nome di Teresa Benedetta della Croce,
subì le violenze naziste e finì il suo viaggio terreno ad
Auschwitz. Nel 1987 venne beatificata da papa Wojtyla.
Il titolo La settima stanza, che fa riferimento alla parabola di
Santa Teresa di Avila, indica contemporaneamente il luogo del martirio
di Edith (la camera a gas del lager) e lo stato della beatitudine e della
coscienza, punto di arrivo ambito di una donna che riuscì a coniugare
la forza dell'intelligenza con quella della fede. L'arco drammaturgico
copre una decina d'anni, dal 1933 al 1942, e il film della Meszaros ha
l'andamento scrupoloso di una biografia ma nulla a che fare con l'agiografia
del "santino". I tratti didascalici sono riscattati da una sobrietà
di fondo, che si apre a momenti di particolare intensità drammaturgica
e non trascura neppure l'elemento psicologico [...] Così è
molto bella la narrazione del noviziato della futura suor Teresa Benedetta
presso le carmelitane di Colonia; ed è struggente la parte finale
sul convoglio della morte in viaggio per Auschwitz, prima del ritorno alla
sobrietà dell'epilogo in cui Edith cammina verso la "settima
stanza". Perfetta la fotografia di Piotr Sobocinki, mentre la colonna
musicale di Moni Ovadia aggiunge suggestione senza fare concessione all'enfasi.
Ne risulta un film alto e meditativo a dispetto delle imperfezioni. Con
una cosa, però, praticamente perfetta: l'adesione alla parte della
protagonista Maria Morgenstern, bellezza austera al servizio di un grande
talento.